Il sindaco Anna Maria Cisint denuncia la poligamia non osteggiata in Italia
Il processo di islamizzazione non è solo un rischio, ma nel nostro Paese sta diventando una concreta realtà che si sviluppa nell’illegalità dei luoghi di culto fuori dalle regole urbanistiche e dell’incolumità pubblica, alimenta le forme di radicalismo che mettono in discussione i nostri valori, la nostra sicurezza e la nostra identità e che si afferma anche negli atti ufficiali.
L’Islam mostra il volto radicale di chi vuole sostituire la legge coranica ai nostri ordinamenti, per imporre nella nostra società comportamenti e modi di vita incompatibili, come quelli che portano alla sopraffazione sulle donne e sulle minori. Dopo le mie denunce di questa situazione, in tutta Italia sta emergendo un contesto di centri islamici e moschee fuori da ogni controllo e non registrate che rappresentano luoghi della predicazione integralista che punta a scardinare le nostre credenze e non nasconde più la volontà di sostituzione culturale ed etnica nel nome della loro ideologia fondata sulla sovranità di Allah. I fedeli musulmani sono chiamati a realizzare all’interno del nostro Paese un sistema basato sui precetti islamici in opposizione anche violenta al nostro ordinamento e ai nostri principi. Si tratta di una condizione diffusa sul nostro territorio italiano a cui dobbiamo avere il coraggio di opporci.
Un fatto che dimostra il rischio di sottomissione a pretese illegali per il nostro sistema giuridico è dato dalla scoperta nei documenti registrati nelle anagrafi e negli Stati civili degli atti di matrimonio effettuati nei Paesi musulmani, come in Bangladesh, di clausole scandalose che violano le norme familiari e quelle del rispetto dei diritti umani che sono alla base della nostra costituzione. In essi si ‘condiziona’ il divorzio al coniuge femminile arrivando sino alla “vendita” attraverso la dote delle spose.
Infatti, si legge – nero su bianco nei contratti originali – come sia il marito a decidere se la moglie abbia o meno il diritto a separarsi e a quali condizioni, come nel caso in cui il marito sia “impotente, violento o in prigione”, o addirittura “se la tortura”, ammettendo l’esistenza di questa pratiche illegali. Inoltre, gli stessi atti prevedono il caso in cui “il marito ha già delle mogli”, ammettono in questo modo la poligamia. Le parti contrattuali più scabrose vengono coperte con degli “omissis” dietro cui si legalizza la sottomissione, la vendita della donna e la poligamia anche in Italia, con tanto di timbro della nostra ambasciata che certifica quei contratti redatti all’estero.
La subordinazione alla legge coranica e alla sharia in palese conflitto con l’ordinamento italiano e in spregio ai nostri valori sta diventando una prassi consolidata all’interno del nostro Stato in un processo di islamizzazione che coinvolge le predicazioni delle comunità musulmane, la diffusione di centri e moschee fuori dalla legalità e la volontà di introdurre anche negli atti ufficiali dei documenti matrimoniali pratiche come la poligamia e la sottomissione patriarcale della donna. Siamo arrivati ben oltre ogni ipotesi perché la realtà quotidiana ci dimostra quanto ormai sia esteso, pericoloso e invasivo il processo di islamizzazione. È venuto il tempo di dire basta!