«Oggi poniamo un primo mattoncino nella costruzione di una nuova visione dell’agricoltura e della zootecnia di montagna. Perché la gestione o meno del lupo ha come conseguenza diretta la possibilità o meno di mandare avanti un’azienda, una malga, un allevamento…». Lo dice la vice presidente della Provincia di Belluno Silvia Calligaro (delegata all’agricoltura) in merito alla ratifica da parte del Comitato permanente della Convenzione di Berna del declassamento del lupo da specie “strettamente protetta” a specie “protetta”. «Non si tratta di aprire la caccia al lupo, come invece vorrebbe rappresentare qualcuno. Si tratta invece di governare e gestire un fenomeno – quello della presenza del grande carnivoro – che oggi è tornato in pianta stabile sul territorio e quindi va tutelato sì, ma al pari delle pecore, delle capre e delle vacche predate a centinaia negli ultimi anni; quindi al pari delle aziende agricole che altrimenti rischiano davvero di essere “specie in via d’estinzione” nelle terre alte. Si tratta di ragionare all’interno di quel quadro già definito dal nuovo Ddl montagna, che prevede di definire un tasso massimo di prelievi di lupi tale da non pregiudicare il mantenimento di uno stato soddisfacente di conservazione. Il declassamento è solo un primo passo: ora è necessario che il Parlamento europeo acceleri così da aggiornare le normative comunitarie e dare ai Paesi membri strumenti in grado di far convivere lupo e attività agricole. Attività agricole che in montagna – come delineato anche dal nuovo Ddl montagna, che individua misure per la valorizzazione di boschi, pascoli ed ecosistemi montani – significano lavoro, economia, difesa del suolo, presidio del territorio e turismo».