I cardiologi all’evento di Motore Sanità lanciano l’allarme: la pandemia ha cambiato e peggiorato gli stili di vita degli italiani in maniera rapida. Sono i giovani a pagare il prezzo più salato. In Europa 1,7 milioni di persone sono morte per malattie cardiovascolari. Secondo il Report di Eurostat nel 2020, nonostante la pandemia, le malattie del sistema circolatorio sono state la principale causa di morte in tutti i paesi dell’UE, ad eccezione di Danimarca, Irlanda, Francia e Paesi Bassi, dove il cancro era la causa principale.
La salute del cuore degli italiani, insieme a quella di tutto il mondo occidentale, è peggiorata. Basti pensare che circa il 44% del totale dei decessi nel nostro Paese sono dovuti a malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Malori – e morti improvvise – anche tra i giovani. Cosa sta succedendo? I complottisti gridano al vaccino, ma il vaccino non c’entra. C’entra però il Covid-19, c’entrano i 3 anni di pandemia.
Nell’anno in cui è scoppiata la pandemia, il COVID-19 è stata la terza principale causa di morte nell’UE, con un totale di quasi 439 000 decessi a fronte di 1,7 milioni di persone che hanno perso la vita a causa di malattie cardiovascolari. Tra i membri dell’UE la quota più alta di decessi per malattie del sistema circolatorio è stata osservata in Bulgaria (61%) e la più bassa in Francia (20%).
I dati relativi all’anno più intenso della pandemia vengono resi noti per la prima volta e attestano che sì, il nostro Paese ha registrato il maggior numero di decessi (78.478), ma confrontando il numero di decessi COVID-19 con ulteriori decessi nel 2020, risulta che le principali cause di morte tra gli abitanti dell’UE sono state le malattie del sistema circolatorio e il cancro (neoplasie maligne) e la terza causa di morte più frequente è stata il COVID-19, seguita dalle malattie respiratorie.
“Stiamo vivendo un momento storico particolare”, spiega il Professor Furio Colivicchi, Presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) – Associazione che raggruppa 6mila cardiologici impegnati nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari che lavorano nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale. “Stiamo uscendo in maniera lenta e faticosa dalla fase pandemica, portandoci dietro un carico di problematiche legate al fatto che, nei 3 anni della pandemia Covid-19, le malattie cardiovascolari sono state curate in moltissime realtà in maniera inadeguata”.
Le malattie cardiovascolari rappresentano dunque un problema sanitario che durante la recente pandemia non è andato certo migliorando, a causa dei minori controlli, delle mancate diagnosi, della perdita di aderenza terapeutica, sulle quali l’ipercolesterolemia ha un’incidenza ancora troppo rilevante. Ma perché questo accade nonostante le terapie a disposizione, tutte estremamente efficaci?
Al fine di richiamare l’attenzione della popolazione sui rischi molto seri correlati alle malattie cardiovascolari, per evitare anche che queste creino problemi di sanità pubblica, Motore Sanità ha percorso l’intero stivale alla ricerca di risposte, raccogliendo il contributo di oltre cento esperti. Nella tappa lombarda che si è tenuta oggi, dal titolo “Pnrr, ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare. Tra bisogni irrisolti, innovazione e nuove necessità organizzative”, Fabrizio Giovanni Oliva, Direttore Struttura complessa Cardiologia 1, Emodinamica Unità di Cure Intensive Cardiologiche, Ospedale Niguarda Milano e Presidente designato ANMCO, ha sottolineato ancora un altro aspetto: ovvero che queste malattie cardiovascolari determinano una disabilità importante in chi sopravvive a un evento di ictus e infarto, incidendo in maniera significativa sulla qualità di vita di queste persone e delle loro famiglie.
I FATTORI DI RISCHIO
In fase pandemica sono peggiorati gli stili di vita: sono aumentati i fumatori, è aumentata la sedentarietà (anche per colpa dello smart working), l’incidenza dell’obesità e di eccesso di peso più in generale. Fattori che, nel tempo, portano con sé un problema al nostro cuore.
Analisi condotte sul consumo di tabacco e suoi derivati, attestano un incremento significativo di fumatori, che supera il 10% rispetto ai livelli pre-pandemici. “Questo ci fa dedurre che non solo sono aumentati i fumatori, ma anche che chi già fumava adesso fuma di più”, precisa ancora il Professor Furio Colivicchi. “Sappiamo inoltre che le persone si sono curate di meno – continua il Professore. “Nel periodo più pesante della pandemia, c’è stato un crollo delle vendite nelle farmacie dei farmaci per la cura dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia di oltre il 20%. Questo si rapporta a un peggioramento complessivo della gestione di questi due fattori di rischio. Lo abbiamo visto anche nelle attività di pronto soccorso: per lo scompenso cardiaco, che è la fase finale di sviluppo della malattia, gli accessi sono aumentati di oltre il 25% e la mortalità in ospedale dei pazienti scompensati è salita al 15-20% (nel periodo della pandemia era triplicata)”.
Tutti questi indicatori compongono una sorta di mosaico che ci racconta come la situazione delle malattie cardiovascolari in Italia sia in deciso peggioramento. “Non dimentichiamo infine la solitudine e la minor interazione con le persone, altre eredità negative che ci lascia la pandemia, insieme all’aumento del disagio della fatica di vivere in una realtà complessa come quella che affrontiamo oggi”, conclude il Presidente di ANMCO. “In più, c’è anche il fattore di abuso di sostanze stupefacenti che è esploso in questo periodo, che hanno effetti sfavorevoli sull’apparato cardiocircolatorio e possono precipitare negli eventi acuti. Ciò si vede soprattutto nei giovani, che pensano di essere esenti da rischi”.