I risparmi delle Camere di Commercio ottenuti dall’applicazione della «revisione della spesa» pubblica d’ora in poi resteranno sul territorio e non dovranno più essere versati allo Stato: per il Veneto, equivale ad una dotazione di 5 milioni di euro in più, destinati al sostegno delle imprese e del territorio. Una vittoria importante per le Camere del Veneto. La sentenza n. 210-2022 dichiara incostituzionale l’obbligo per le Camere di versare al bilancio dello Stato le somme derivanti dalle riduzioni di spesa. I risparmi delle Camere di Commercio ottenuti dall’applicazione della «revisione della spesa» pubblica d’ora in poi resteranno sul territorio e non dovranno più essere versati allo Stato: per il Veneto, equivale ad una dotazione di 5 milioni di euro in più, destinati al sostegno delle imprese e del territorio. Una vittoria importante per le Camere del Veneto.
La storica sentenza della Corte Costituzionale depositata ieri fa cadere i provvedimenti contenuti nei decreti legge 112/2018, 78/2010, 95/2012 (spending review del governo Monti) e 66/2014 (spending review del governo Renzi) che imponevano alle pubbliche amministrazioni una serie di tagli di spesa, obbligando gli enti dotati di autonomia finanziaria, come le Camere di Commercio, a versare allo Stato la somma corrispondente alla riduzione di spesa indicata alle altre amministrazioni pubbliche. Per le imprese italiane questa era una sorta di doppia tassazione “occulta” – il diritto annuale cui si sommava l’obolo allo Stato – ed una delle prime voci di spesa nei bilanci delle Camere di Commercio.
“Le risorse risparmiate dalle Camere di Commercio del Veneto e che ora rimangono in dotazione serviranno per la promozione del territorio e per il supporto alle imprese soprattutto in questo grave momento” commenta con soddisfazione il Presidente di Unioncamere del Veneto Mario Pozza. “Questa sentenza riconosce implicitamente le Camere di Commercio come autonomie funzionali e soprattutto come soggetti che da sempre attuano, nelle loro risorse, politiche di federalismo”.
Di fatto, la sentenza ha riconosciuto che l’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi di spesa conseguiti dalle Camere sottraeva risorse alle imprese provocando indubbi riflessi negativi e violava il principio dell’autarchia funzionale consistente nell’autosufficienza delle risorse per assicurare l’adempimento delle funzioni.
“Le Camere di Commercio del Veneto sono state le prime ad avviare un percorso di autoriforma già dal 2015/2016, prima della cosiddetta riforma Renzi – spiega il Segretario Generale di Unioncamere del Veneto Roberto Crosta – e già allora avevano sollevato la questione del versamento ingiustificato di queste ulteriori risorse allo Stato, soprattutto dopo gli importanti tagli legati al diritto annuale. Anche perché si trattava di una norma, come poi rilevato dalla Corte Costituzionale, che si perpetuava nel tempo senza limite”.
La Camera di Commercio di Venezia Rovigo per prima, seguita da Treviso Belluno, da quella del Molise, della Venezia Giulia e della Maremma Tirreno e coadiuvate da Unioncamere Italiana, hanno quindi avviato le procedure giudiziarie. Le più determinate sono state le due venete e quella della Maremma Tirreno, sulla quale il giudice ordinario ha sollevato la questione di costituzionalità della norma, alla base della decisione della Corte costituzionale depositata ieri.