VENETO : NUMERO DI GIOVANI IN REGIONE NEGLI ULTIMI 10 ANNI E’ RIMASTO STABILE MA IL DECLINO E’ INEVITABILE. NEL1943 IN VENETO AVEVAMO IL 170% DI NASCITE IN PIU’ RISPETTO AD OGGI.
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Il numero dei giovani presenti in Veneto è rimasto praticamente stabile. Negli ultimi dieci anni, infatti, la popolazione presente nella nostra regione nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni è diminuita di quasi 5.500 unità, pari al -0,6 per cento. Nel 2014 avevamo 989.127 giovani; nel 2024 il numero è leggermente sceso a 983.679. Assieme alla Valle d’Aosta e al Piemonte siamo le uniche regioni del Nord che in questo arco temporale hanno registrato un saldo negativo. Possiamo ipotizzare che questo risultato sia riconducibile al fatto che il calo della denatalità avvenuta in Veneto è stata compensata dall’arrivo di giovani provenienti dal Sud Italia e, soprattutto, dagli stranieri. Le previsioni, però, non sono affatto rassicuranti: la denatalità farà sentire in suoi effetti negativi in tutto il Paese, cosicché anche nel Veneto la popolazione giovanile è destinata a ridursi in misura importante. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre.
- In difficoltà soprattutto Rovigo e Belluno
Le province venete che hanno registrato le contrazioni della platea giovanile più importanti sono state Rovigo e Belluno. Se nel capoluogo polesano il saldo è stato pari a -5.855 (-12,8 per cento), in quello dolomitico la diminuzione è stata di 1.012 unità (-2,6 per cento). Le più virtuose, invece, sono state Venezia con il +972 giovani (+0,6 per cento) e, in particolare, Treviso con il +1.073 (+0,9 per cento) (vedi Tab. 2).
- Investire di più nella scuola, nell’università e nella formazione professionale
In aggiunta alla diminuzione, quando analizziamo la platea giovanile italiana e per certi versi anche veneta, emergono due aspetti abbastanza preoccupanti: il tasso di occupazione e il livello di istruzione sono inferiori ai rispettivi dati medi europei. Nei prossimi decenni queste criticità potrebbero avere ripercussioni gravissime sul mondo imprenditoriale. Già da qualche anno avvertiamo il grido di allarme sollevato dagli imprenditori veneti: le aziende incontrano sempre maggiori difficoltà nel reperire personale qualificato; questo sia per la mancanza di candidati idonei che per l’insufficienza delle competenze delle persone chi si presentano ai colloqui. Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è sempre più evidente e richiede scelte politiche urgenti; investendo, in particolare, molte più risorse nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale.
- Una curiosità: nel 1943 +170% di nascite rispetto a oggi
Confrontare dati relativi a periodi così distanti nel tempo presenta sempre delle insidie, soprattutto quando si parla di un intervallo di 80 anni. Tuttavia, per quanto riguarda le nascite, il metodo di calcolo non è mai cambiato nel corso dei decenni. Continua a basarsi sulle dichiarazioni registrate presso gli sportelli dell’anagrafe di ciascun Comune. Detto ciò, l’Ufficio studi della CGIA ha effettuato un confronto tra i nati vivi del 1943 e quelli del 2023. I risultati sono sorprendenti: nel pieno della seconda guerra mondiale, le nascite in Veneto furono pari a 82.504, oltre il 170 per cento in più rispetto alle 30.438 registrate nel 2023. Con tutte le dovute precauzioni, la Tab. 3 permette anche di confrontare tutte le province italiane, evidenziando che nel 1943 ce n’erano 16 in meno rispetto a quelle attuali[1]. È fondamentale sottolineare che, se nel 1943 il Veneto aveva 1,1 milioni di abitanti in meno rispetto ad oggi ma registrava al contempo 52mila nascite in più, non possiamo continuare a sostenere che la denatalità degli ultimi anni sia esclusivamente attribuibile alla mancanza di servizi per l’infanzia e all’insufficienza degli aiuti pubblici alle giovani famiglie. Certo, questi aspetti sono rilevanti, ma è altrettanto vero che 80 anni fa, con il Paese in guerra, le condizioni di vita e le prospettive future erano decisamente peggiori rispetto a quelle attuali.
- Sì agli immigrati, purché nel loro Paese abbiano imparato l’italiano e un mestiere
È essenziale chiarire che l’immigrazione non può costituire l’unica risposta ai problemi derivanti dal declino demografico. Tuttavia, nel breve periodo, essa può rappresentare un valido strumento per affrontare questa sfida, a condizione di essere in grado di preparare adeguatamente le persone che intendono entrare in Italia. Così come ha avuto modo di sottolineare anche il CNEL , il nostro Paese dovrebbe prevedere delle corsie preferenziali nell’assegnazione delle quote di ingresso riservate a coloro che, nel proprio paese d’origine, abbiano frequentato per almeno due anni un corso di lingua italiana e ottenuto una qualifica che attesti il possesso delle competenze professionali richieste dalle nostre imprese. A queste ultime, inoltre, spetterebbe il compito di garantire a questi extracomunitari un’occupazione stabile e fornire un aiuto concreto nella ricerca di un alloggio a prezzo accessibile.
- Quasi il 98% del calo è avvenuto al Sud
Dei 747.672 giovani in meno registrati nell’ultimo decennio (2024-2014) ben 730.756 (pari al 97,7 per cento del totale) sono riconducibili al Mezzogiorno. Altri 119.157 si riferiscono al Centro, mentre il Nord ha ottenuto un buon risultato, in parte ascrivibile alla presenza degli stranieri. Sempre tra il 2014 e il 2024 la popolazione tra i 15 e i 34 è aumentata di 46.821 unità nel Nordest e di 55.420 nel Nordovest . A livello provinciale, invece, le contrazioni più importanti hanno interessato la Sud Sardegna (-25,4 per cento), Oristano (-23,4), Isernia (-21,5), Reggio Calabria (-19,6) e Catanzaro (-19,3). Delle 107 province monitorate, solo 26 hanno registrato un saldo positivo. Spiccano in particolar modo i risultati ottenuti a Gorizia (+9,7 per cento), Trieste (+9,8), Milano (+10,1) e Bologna (+11,5).