FRIULI VG

Ucraina: allarme di FedAgriPesca per l’impatto del conflitto sulle filiere agricole

Nella sede di Confcooperative Fvg, a Udine, un incontro straordinario della Federazione regionale delle cooperative agricole e della pesca per fare il punto sulle conseguenze del conflitto sul comparto agroalimentare

È forte la preoccupazione delle cooperative delle filiere agroalimentari per l’impatto sui mercati del conflitto in Ucraina. Perciò, i rappresentanti delle cooperative agricole e della pesca del Friuli VG si sono riuniti a Udine, nella sede di Confcooperative Fvg, per fare il punto della situazione.

Alla crescita dei costi energetici, infatti, si aggiungono le turbolenze sui prezzi delle commodities scambiate sui mercati internazionali, con aumenti record per i cereali, e gli impatti sulle filiere agricole: «Le tensioni sui prezzi e sui mercati, aggiunte alle perturbazioni sui commerci internazionali e a comportamenti speculativi, potranno colpire in maniera differenziata i diversi segmenti delle filiere agricole, mettendo in crisi molti produttori», è l’allarme di Venanzio Francescutti, presidente di FedAgriPesca Fvg, la Federazione regionale delle 131 cooperative della filiera agroalimentare (agricoltura e pesca) di Confcooperative, con 449 milioni di euro di ricavi e 9.773 soci produttori.

Il presidente nazionale di FedAgriPesca, Giorgio Mercuri, in collegamento da Roma, ha sottolineato la necessità di un Piano straordinario e di emergenza per le colture strategiche: «È necessario anticipare i pagamenti diretti per sostenere il settore e sospendere i requisiti del greening liberando l’uso di terreni improduttivi. È forte, infatti, la richiesta europea di influenzare le intenzioni di semina primaverili a favore di mais, soia, girasole, sorgo e orzo, aumentando la capacità produttiva e garantendo un incremento della produzione nazionale. Già nel quadro della Pac attuale, inoltre, si può attivare la riserva di crisi liberando risorse per 500 milioni di euro». Ma l’incremento della produzione è frenato dalle incertezze sulle condizioni di mercato e sul prezzo finale al momento del raccolto: incertezze che inducono le aziende agricole a un comportamento cauto. «C’è il fondato timore che i prezzi di produzione possano erodere i margini in maniera significativa – spiega Francescutti – perché non solo cresce l’energia, ma anche ad esempio il costo di fertilizzanti e mangimi. L’urea ha superato i 100 euro al quintale, e sta diventando di difficile reperibilità. Al momento, le maggiori preoccupazioni – aggiunge Francescutti – vengono dal settore zootecnico, che affronta un drammatico aumento dei costi di produzione (dei mangimi, in primis) mentre il prezzo del latte alla stalla resta eccessivamente basso-  attorno ai 0,40 €/l -, frenato anche da consumi in calo del 6-7 per cento».  E mentre il comparto cerealicolo potrebbe non beneficiare a pieno del buon prezzo dei cereali a causa dell’impressionante crescita dei costi energetici (ma anche dei prodotti fitosanitari e dei carburanti), quello vitivinicolo deve affrontare pure le tensioni legate agli scenari export, complicato ulteriormente da problemi nel reperimento di bottiglie e capsule. Uno scenario complesso, dunque, che intanto deve già fare i conti con aumenti dei costi degli imballaggi: in legname del 61 per cento; in cartone del 31 per cento; in banda stagnata del 60 per cento; della plastica per l’agroalimentare, del 72 per cento; del vetro del 40 per cento. A questi si aggiungono le impennate, dal 400 per cento al 1.000 per cento, di container e noli marittimi.

Il presidente regionale di Confcooperative, Daniele Castagnaviz, invita a non sottovalutare le difficoltà del comparto: «La filiera agroalimentare è centrale per il Paese e per il Friuli VG ed è un elemento distintivo della nostra riconoscibilità nel mondo. Servono, pertanto, misure straordinarie per sostenerne la competitività anche in questa fase difficile».

Preoccupati anche i produttori ortofrutticoli: conseguenze sui mercati potrebbero derivare, infatti, pure dall’invasione del mercato nostrano di prodotti, mele in particolare, abitualmente smerciate da paesi come la Polonia, proprio sul mercato russo, e che nei prossimi mesi potrebbero essere riversate sui mercati dell’Europa occidentale, creando tensioni sui prezzi.

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