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Ursula von der Leyen è intervenuta a gamba tesa nella campagna elettorale in Italia, lanciando un avvertimento sul trattamento che verrà riservato al paese se eleggerà un governo di destra?

Bruxelles. In Italia “vedremo i risultati delle elezioni. Abbiamo appena avuto delle elezioni anche in Svezia. Il mio approccio è che qualunque governo democratico voglia lavorare con noi, ci lavoriamo insieme”. Ma “se le cose vanno in una direzione difficile, e ho parlato di Polonia e Ungheria, abbiamo gli strumenti”. Ursula von der Leyen è intervenuta a gamba tesa nella campagna elettorale in Italia, lanciando un avvertimento sul trattamento che verrà riservato al paese se eleggerà un governo di destra? Interrogata sulla presenza di partiti pro Putin in vista del voto italiano durante un dibattito a Princeton ieri, la presidente della Commissione ha rotto il rigoroso silenzio che si era imposta sulle elezioni per evitare di essere accusata di ingerenza. Ma l’interpretazione (e la strumentalizzazione) sull’avvertimento preventivo a un governo Meloni è fortemente esagerata. Per chi ha davvero ascoltato le parole di von der Leyen, il significato è chiaro. La Commissione lavora con tutti i governi democraticamente eletti. Ma, se uno stato membro imbocca la strada della democrazia illiberale come Ungheria e Polonia, minando le fondamenta dello stato di diritto, l’Ue ha degli “strumenti” per reagire sulla base delle regole esistenti. A precisarne il senso, è intervenuto anche il portavoce della Commissione Eric Mamer: “E’ assolutamente chiaro che la presidente non è intervenuta nelle elezioni italiane. Quando ha fatto riferimento agli strumenti ha fatto riferimento a procedure che sono già applicate in altri paesi. Del resto li ha menzionati. La presidente ha messo in evidenza il ruolo di guardiano dei trattati della Commissione, in particolare nel settore dello stato di diritto. Ha esplicitamente detto nella sua risposta che la Commissione lavorerà con ogni governo che uscirà dalle elezioni e che ha la volontà di lavorare con la Commissione”.

Ma quali sono gli strumenti ai quali von der Leyen e Mamer si riferiscono? Il primo è quello delle procedure di infrazione: la Commissione ne ha avviate decine contro Budapest e Varsavia su indipendenza della giustizia, libertà dei media, libertà accademiche, primazia del diritto europeo su quello nazionale. Dal 2021 è stato introdotto un nuovo strumento quando c’è un rischio sistemico: il meccanismo di condizionalità che consente si sospendere i fondi comunitari ai paesi in cui le violazioni dello stato di diritto abbiano un impatto sul bilancio dell’Ue (la Commissione ha appena proposto di usarlo per l’Ungheria, bloccando 7,5 miliardi di euro). Con il Pnrr e il Recovery fund c’è un’altra salvaguardia di fronte alla deriva illiberale: i paesi beneficiari devono garantire auti e controlli adeguati per evitare corruzione e conflitti di interesse nella gestione delle risorse (la Commissione non ha ancora dato il via libera al piano ungherese per i problemi legati allo stato di diritto). Quando uno stato membro viola altre regole della convivenza interna all’Ue (come il Patto di stabilità e crescita, che dovrebbe essere riformato), la Commissione ha altri strumenti ancora. Per l’Italia le procedure per deficit eccessivo in passato sono state una minaccia costante a prescindere dal colore del governo a Roma. 

La linea della Commissione con l’Italia e tutti gli altri stati membri è stata sintetizzata martedì dal commissario alla Giustizia, Didier Reynders. Anche lui ha usato l’espressione “strumenti”. L’Ue non reagisce a programmi o discorsi. “Noi reagiamo a partire da atti concreti e decisioni che saranno prese”, ha detto Reynders: “Nel campo dello stato di diritto, abbiamo tutta una serie di strumenti a nostra disposizione che consistono sia nel rivolgersi alla Corte europea di giustizia, se certe leggi vanno contro il diritto europeo, sia nel rivolgerci al Consiglio dell’Ue con una pressione sul bilancio, se gli interessi finanziari dell’Unione sono messi in causa”. Dentro al Consiglio siedono i governi dei 27. Le decisioni se punire uno stato membro per aver violato le regole sono sempre approvate da loro, mai solo dalla Commissione. L’Ue rimane un’organizzazione internazionale di stati membri sovrani.

Del resto, lo scenario di un’Italia che si trasforma in una democrazia illiberale a causa di un governo Meloni non è quello privilegiato nell’Ue. Al contrario, la Commissione si sta preparando a cooperare attivamente con un governo di destra guidato da Meloni, anche se è consapevole di possibili turbolenze e polemiche in settori (come i diritti sociali) su cui l’Ue ha poche competenze. “Lasciamo gli elettori pronunciarsi”, ha spiegato Reynders: “Non è la prima volta che rischiamo di avere a che fare, dopo lo svolgimento delle elezioni, a dei governi con la partecipazione di movimenti estremisti, che siano di estrema destra o estrema sinistra. Non è un fenomeno del tutto nuovo nell’Ue”, ha ricordato il commissario alla Giustizia. “E’ interessante vedere coma lavora il Consiglio europeo”, ha detto von der Leyen: “Ci sono tante dinamiche nel gruppo. Non c’è un paese che dice voglio questo, voglio quello. Quando sei al Consiglio europeo, realizzi che il tuo futuro e il tuo benessere dipende anche dagli altri. E’ il bello della democrazia. A volte siamo lenti, parliamo tanto, ma la democrazia è anche questo”.

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