VENEZIA : Consultori a Nordest: presentata in Consiglio indagine di Venetica “Il corpo mi appartiene” – Baldin (M5S), Camani (Pd), Guarda (EV) e Ostanel (Vcv), “presidio pubblico territoriale di base da difendere e rilanciare”
A quasi mezzo secolo dall’istituzione dei consultori familiari c’è il rischio di perdere la memoria di quanto è stato fatto e delle conquiste raggiunte dalle donne. A fare il punto su un servizio cardine del sistema sociosanitario, frutto delle lotte femminili e femministe degli anni ’60 e ’70, è il numero di Venetica “Il corpo mi appartiene – Donne e consultori a Nordest”. La rivista di storia contemporanea, diretta da Mario Isnenghi, ha dedicato un numero monografico alla ricerca, curata da Alfiero Boschiero e Nadia Olivieri, sulla nascita dei consultori nelle province venete tra gli anni ‘60 e i primi anni ‘80, allargando lo sguardo anche alle realtà trentine e triestine. La monografia è stata presentata in Consiglio regionale del Veneto dalle consigliere regionali Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo), vicepresidente della commissione Cultura, Erika Baldin (M5S) dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio, Vanessa Camani, capogruppo Pd, e Cristina Guarda di Europa Verde.
“Il corpo mi appartiene” fa parlare storiche e sociologhe di diverse generazioni e dei diversi territori e ripercorre l’evoluzione della cultura femminile e femminista a Nordest attingendo a testimonianze dirette, documenti, storie personali e collettive, evoluzioni legislative. Sorti inizialmente in forma volontaristica come luoghi di partecipazione, prevenzione e formazione, per iniziative di movimenti e associazioni di donne (o, quelli cattolici, su input della Chiesa e dell’associazionismo cattolico), in seguito i consultori familiari sono stati strutturati all’interno del servizio sociosanitario nazionale e regionale, come servizi territoriali di base per la salute fisica e mentale delle donne e come luoghi di accesso all’interruzione volontaria della gravidanza. La legge nazionale di riferimento è la n. 405 del 29 luglio 1975, la prima legge veneta istitutiva è la n. 57 del 1975, la disciplina organica regionale è la legge n. 28 del 25 marzo 1977: oggi, a fronte delle difficoltà della medicina territoriale e delle ristrettezze finanziarie per i servizi socioassistenziali, i consultori versano in una fase di crisi di identità e di risorse, Ridotti ad ambulatori ginecologici – rilevano i curatori – offrono sempre meno servizi, mentre crescono i bisogni delle donne, dei minori, delle famiglie, dei soggetti vulnerabili.
“La ricerca di Venetica aiuta a non disperdere la memoria di una stagione ‘gloriosa’ del femminismo e dell’impegno sociale delle donne – ha premesso Elena Ostanel (Il Veneto che vogliamo) nel presentare autrici e curatori della monografia- I consultori sono nati dal basso, da una mobilitazione di base, che nasce dalle lotte femminili e femministe. Ma oggi queste conquiste sono a rischio, chiudono sedi, molte prestazioni vengono erogate a pagamento. Rispetto a quanto previsto dalla legge istitutiva sono venute meno le capacità di fare prevenzione, di fare educazione sessuale, di promuovere il benessere delle donne e delle persone Il Veneto è agli ultimi posti in Italia per numero di sedi, organico e servizi offerti: nella nostra regione attualmente c’è un consultorio ogni 50 mila abitanti, per legge dovrebbe essercene uno ogni 20 mila abitanti, con omogeneità di presenza e di servizi a supporto della vita delle donne e del benessere dei giovani e delle famiglie. Per questo, ad ogni sessione di bilancio, cerco di farmi promotrice di un’azione di monitoraggio sul futuro di queste strutture e di richieste di adeguati finanziamenti per mantenere lo specifico di queste strutture, che devono integrare prestazioni sanitarie e prestazioni psicosociali, in un’ottica multidisciplinare, in risposta alle nuove domande delle donne e delle famiglie, come educazione all’affettività, sostegno psicologico e assistenza post-partum”.
Per Vanessa Camani (Pd), “tutte le grandi conquiste che hanno riguardato le donne sono partite dal basso, con un movimento di condivisione. Ma ci sono oggi le condizioni per nuove conquiste femminili? Il ruolo delle donne nella società, la questione di genere e il gap tra i due sessi, sembrano essere al centro del dibattito pubblico. In realtà l’attività del governo Meloni appare invece orientata ad agevolare le madri lavoratrici e a ribadire un concetto datato di welfare, ancorato al principio che il lavoro di cura sia prerogativa delle donne. Invece – ha osservato – i servizi di welfare dovrebbero essere ripensati in un’ottica egualitaria”.
Erika Baldin (M5S) ha ricordato la battaglia del movimento femminista di Chioggia: “Negli anni ’70 le donne di Chioggia erano state processate per aver fatto irruzione in Consiglio comunale per rivendicare che il consultorio fosse gestito dalle donne stesse. Condannate in Corte di Appello, dovettero ricorrere in Corte di Cassazione, e il 15 aprile 1980 il massimo organo giurisdizionale diede loro ragione. A distanza di oltre 40 anni, la battaglia delle donne non deve fermarsi, i casi di gender gap sono evidenti nei livelli salariali, nei percorsi di carriera e negli stereotipi culturali che fanno della donna l’angelo del focolare. Anzi, c’è il rischio di perdere conquiste già raggiunte. Come quella – ha aggiunto Baldin – di poter scegliere l’interruzione volontaria della gravidanza: le donne del Veneto dovrebbero avere il diritto di avere anche medici non obiettori nei reparti di ostetricia e ginecologia. Una presenza che oggi non è garantita e che invece dovrebbe essere stabile e strutturale nelle Ulss del Veneto”.
“Questa indagine – ha commentato Cristina Guarda (Europa Verde) – ci dà la possibilità di conoscere la storia di una battaglia politica di grande importanza. I consultori sono determinanti per garantire la salute psicofisica delle donne, dei bambini, delle coppie, degli adolescenti. L’obiettivo a cui dobbiamo puntare è mantenere l’accesso pubblico a questi servizi essenziali evitando che diventino a pagamento”
Anche Andrea Zannoni (Pd), presidente della commissione regionale per la valutazione delle politiche pubbliche, ha voluto esprimere il proprio apprezzamento per una ricerca che rappresenta “una testimonianza importante delle conquiste raggiunte e un segnale di allarme per i rischi di regressione”. “Le leggi di civiltà che il legislatore regionale ha prodotto – è stato il suo appello – vanno difese, aggiornate e finanziate nel tempo”.