VENEZIA : Stefano Valdegamberi (Gm), “Non è il patriarcato il problema, ma l’assenza di modelli educativi e valoriali della società. Si educa al rispetto con i “no” e con gli esempi”
“L’agghiacciante tragedia di Giulia ha scosso fortemente tutti. Attenti però che, spinti dalla foga propagandistica e ideologica che ha preso il sopravvento, si rischia a far passare ciò che è la causa del problema come fosse la soluzione”. È quanto dichiarato oggi in Aula dal Consigliere regionale Stefano Valdegamberi nel corso della seduta odierna dell’assemblea legislativa veneta “Sulle risoluzioni all’ordine del giorno presentate dal Partito Democratico, da Forza Italia e dalla Lega. Le decisioni politiche assunte in un momento di forte tensione emotiva, pur con i migliori intenti, rischiano di portare a un peggioramento della situazione invece che a un miglioramento. È veramente la società patriarcale il problema o, invece non sta proprio nella mancanza del ruolo paterno, del pater, nell’educazione dei figli, una delle cause di ciò che succede? Manca il ruolo del padre, che mette limiti, che incentiva l’autonomia e il coraggio, che stimola all’esplorazione della vita e alla fatica creativa, che sa dire dei “no” ai figli quando serve. Se diamo sempre tutto ciò che vogliono, li accontentiamo in tutto e per tutto, gli diamo ragione anche quando hanno torto davanti agli insegnanti, nella partita di calcio, ovunque, creiamo dei figli apatici, senza passione, fragili, eterni immaturi. Ricordiamoci che sono i “no” che fanno crescere, non i perenni “si”. Come giustamente dice Crepet, i genitori sbagliano a giustificare sempre e comunque i figli. I ragazzi vanno male a scuola? Poverini. Prendono un’insufficienza? Colpa dei professori. Vengono bocciati? Ricorso al Tar. Abbiamo creato dei ragazzi che non conoscono la frustrazione, che non sanno che esistono anche i no. Smettiamola di tutelare i figli, di pensare di non avere difeso abbastanza le nostre creature. È semmai l’assenza o l’indifferenza nella crescita del ragazzo del ruolo del padre il problema non nella società patriarcale che non esiste da tempo. Il rapporto con l’altro è un rapporto di puro egoismo, in funzione dell’ego narcisista a cui siamo stati fin da bambini viziati perché, ad ogni lamentela, siamo stati subito accontentati. Tutte le risoluzioni proposte oggi giungono alle medesime errate conclusioni: si crede che il problema si risolva assegnando alla scuola l’educazione relazionale e affettiva. La scuola deve educare al rispetto delle regole, al rispetto degli altri, a partire dagli insegnanti stessi; deve riconoscere il merito e disconoscere il demerito; educare alla sconfitta, ma stimolare nel contempo lo spirito di riscatto, evitando l’ideologico e dannoso appiattimento dei giudizi, “per non turbare”. Basta con il “poverino”. Il “sì” sempre e a prescindere nella scuola è altrettanto diseducativo e dannoso del “si” perenne dei genitori. Compete alla scuola, soprattutto, il compito di formare i ragazzi. L’educazione spetta, invece, in primis alla famiglia e non può essere delegata a terzi. Queste risoluzioni sono viziate all’origine proprio dall’ideologia che è la causa dei problemi e non la soluzione. La soluzione proposta si contraddice, inoltre, con i numeri: nei Paesi ove si fa educazione affettiva e sessuale nelle scuole il numero dei cosiddetti femminicidi è tre, quattro o cinque volte maggiore che in Italia: sono i Paesi del Nord-Europa tutt’altro che patriarcali nel senso ideologico di questo termine. Normalmente si pensa che il tema della violenza sia connesso a quello dell’uomo macho. È vero l’opposto: gli uomini violenti hanno un deficit di virilità e di riferimento paterno, possiedono uno sregolato narcisismo, spiega un noto pedagogista. Manca la figura paterna, che mette limiti, che incentiva l’autonomia e il coraggio. Questo impedisce ai bambini di imparare a stare nelle contrarietà: non imparano ad ascoltare l’opinione degli altri; non imparano ad affrontare la divergenza; non imparano a tollerare un’opposizione alla propria volontà. Per non parlare poi – e ipocritamente nessuna risoluzione fa cenno – dei modelli negativi della nostra società edonistica e utilitaristica, veicolati attraverso i social media, la pornografia, la musica, etc. che arrivano a condizionare la fragile mente dei nostri ragazzi, disegnando i loro modelli di riferimento: perché nessuno apre un dibattito su questo? La donna-oggetto è un tema ricorrente delle canzoni più in voga tra i nostri figli che inneggiano allo stupro, alla violenza e alla donna come oggetto di piacere. No: sentiamo dire che la cultura dello stupro è frutto della società patriarcale, queste canzoni non c’entrano: sono arte, libera espressione artistica. Finiamola con l’ipocrisia: dieci ore al giorno con questi messaggi contro un’ora di lezione settimanale? Poi che lezione, con quali programmi, con quali relatori? Sui territori, la stragrande maggioranza di enti, associazioni o cosiddetti “esperti” che trattano questi temi nelle scuole lo fanno in base ad approcci ideologici e politici, diffondendo pericolose sciocchezze sulla fluidità sessuale o attacchi indiscriminati contro gli uomini in quanto tali, agenti di un inesistente “patriarcato”. Si rischia quindi di aggravare il disordine spianando, magari involontariamente, la strada alla teoria del gender, un esito che sarebbe paradossale. Cari colleghi, credo che sia più utile rieducare i genitori a recuperare il dialogo con i figli, a insegnar loro che è con qualche “no” che si educa e soprattutto con l’esempio. Piuttosto, dedichiamo risorse perché le famiglie recuperano il ruolo educativo che viene sempre più a mancare, perché l’educazione non venga delegata allo smartphone. Sono loro che devono spiegare che l’amore non è sinonimo di sesso, che è in funzione del bene dell’altro e non soddisfacimento delle passioni e degli istinti personali. Proporrei nei curricula scolastici premialità per chi fa volontariato, per chi si occupa del bene degli altri e della società: queste sarebbero azioni utili. Chi si dedica gratuitamente al bene degli altri non è un omicida. Vi sono molti giovani che fanno questo e che meritano di essere portati a modello sociale. Il resto è denaro buttato in nome di ideologie che non risolvono i problemi ma li aggravano. Per questo ribadisco il mio voto contrario”.