PADOVA : Salute mentale in Veneto,le richieste di aiuto sono aumentate del 30%
In Veneto oltre 70.000 persone sono in carico ai Dipartimenti di Salute Mentale e si stima che il 20/25% della popolazione manifesti situazioni di disagio psicologico e disturbi mentali sottosoglia. Negli ultimi anni si è registrato un progressivo aumento fino al 30% di richieste. Gli esperti e i rappresentanti delle istituzioni a confronto nel Think Tank promosso da Motore Sanità hanno stilato una to do list concreta per migliorare l’assistenza nella Regione . Da una parte, l’esplosione di un fenomeno che, dopo la pandemia, ha assunto i caratteri di una vera e propria emergenza, con oltre 70.000 persone in carico di Dipartimenti e oltre un milione di persone (le stime parlano del 20-30% della popolazione) con situazioni di disagio psicologico e disturbi mentali sottosoglia soltanto in Veneto. Dall’altro le difficoltà a farvi fronte, legate a vari fattori, anche dovuti alla carenza di specialisti. E intanto le richieste di aiuto continuano a crescere, con un aumento del 30% negli ultimi anni per problematiche legate alla salute mentale, con un picco soprattutto da parte di minori e giovani adulti.
Per fare il punto della situazione, Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma, ha promosso il think tank tra esperti del settore, associazioni di pazienti, stakeholder ed istituzioni, con l’obiettivo di identificare le quick win action che possano migliorare l’attuale scenario assistenziale della Regione Veneto. Dando una particolare rilevanza anche all’analisi delle condizioni di vita delle persone con disagio mentale che non dipendono solo dalla gravità della malattia, ma anche dal grado di accettazione all’interno della famiglia e della società, accettazione spesso ridotta a causa dello stigma di cui vengono fatte oggetto. Per quanto riguarda le carenze di personale, e in particolare di medici psichiatri, nel dibattito è emerso che il problema riguarda tutte le Regioni ed è legato alla errata programmazione ministeriale dei posti di specialità. L’aumento delle borse di studio introdotto in occasione della pandemia Covid, però, rappresenta un primo passo per risolverlo, seppure gradualmente.
Per quanto riguarda il personale non medico, una recente delibera regionale ha definito gli standard, con un numero adeguato di psicologi, assistenti sociali ed educatori finanziati per il 2024, con fondi ministeriali e, in parte, regionali. Questi standard sono in linea con quelli definiti da Agenas nell’Intesa Stato-Regioni del dicembre 2022. E’ emerso nel confronto di Padova quanto sia opportuno prevedere un adeguamento della quota del fondo sanitario nazionale vincolata per la salute mentale.
Sugli investimenti effettuati per la salute mentale, è emerso che il Veneto spende meno rispetto ad altre Regioni. Spendere meno, però, si è sottolineato, non significa necessariamente funzionare peggio, in particolare in relazione alla pressocchè assenza di indicatori di esito. In altri contesti regionali, ad esempio, si spende di più perché viene incentivata in modo particolare la spesa per la residenzialità. A tal proposito si ricorda che in Veneto c’è una norma regionale, la DGR 1673 del 2018, che regolamenta la residenzialità nella Regione, stabilendo p.l. e tempi massimi di permanenza. Un problema aperto è rappresentato dai minori, per cui è ancora in itinere un modello efficace di integrazione. Anche per quanto riguarda l’integrazione con le dipendenze, nell’ottica della gestione delle doppie diagnosi e della comorbilità, ci sono criticità. In particolare potrebbe essere utile valutare il dipartimento di Salute Mentale con l’integrazione delle dipendenze come già in molte altre regioni. I lavori del Laboratorio hanno portato gli esperti ad identificare una to do list concreta per migliorare l’attuale scenario della regione Lombardia basata sui seguenti punti:
- Investire sui professionisti sanitari
Tutti i Dipartimenti di Salute Mentale della regione Veneto risultano sottodimensionati in termini di personale sanitario e socio sanitario. L’assistenza viene garantita solo grazie all’impegno e disponibilità dei singoli. È necessario un intervento organico che attraverso la misurazione dei carichi di lavoro ai quali tutti gli operatori sono sottoposti porti ad una revisione delle attuali piante organiche. Parimenti è assolutamente necessario garantire un’adeguata formazione così da migliorare diagnosi e percorsi di cura.
- Adeguamento dell’offerta assistenziale
Un adeguamento del numero delle strutture dedicate all’assistenza, cura e riabilitazione dei pazienti con disturbi mentali (i.e. CSM, CD, SR, ambulatori dedicati) e dei posti letto negli SPDC permetterebbe non solo di rispondere alla crescente domanda di pazienti che necessitano di una presa in carico in condizioni di emergenza-urgenza, ma di attuare un potenziamento dell’assistenza territoriale e dell’offerta sociosanitaria.
- Maggiori risorse
A livello nazionale le nostre stime prevedono una linea di investimenti tale da portare la percentuale del fondo sanitario almeno al 5%. Ciò rappresenterebbe il fattore abilitante per: intensificare l’attività territoriale, implementare l’assistenza ai giovani pazienti nella fase di esordio delle malattie, garantire la continuità della cura sia tra ospedale e CSM, migliorare l’appropriatezza dei trattamenti, l’aderenza e controllare il rischio di effetti collaterali.
- Iniziative di educazione pubblica e lotta allo stigma
Occorre avviare una campagna di sensibilizzazione volta a promuovere una corretta informazione sulla salute mentale, affrontando stereotipi e pregiudizi che spesso alimentano l’isolamento e la discriminazione. Attraverso media tradizionali, social media e iniziative locali, è necessario diffondere messaggi che favoriscano l’inclusione e il rispetto delle persone con disturbi mentali.
- Rafforzamento della medicina di prossimità e del territorio
Per garantire un’assistenza più vicina ai cittadini, è fondamentale rilanciare la medicina territoriale. Proponiamo di adottare nuovi modelli organizzativi che prevedano l’integrazione continua di professionisti della salute mentale, come psichiatri, psicologi e assistenti sociali, nelle unità sanitarie territoriali. Questo approccio consentirà un intervento precoce e multidisciplinare, facilitando la presa in carico tempestiva e il supporto integrato per i pazienti, con particolare attenzione alle situazioni di maggiore vulnerabilità.
- Potenziamento della telemedicina
La telemedicina rappresenta una risorsa strategica per migliorare la continuità assistenziale e il follow-up dei pazienti, specialmente dopo le dimissioni ospedaliere. Sarebbe opportuno introdurre piattaforme digitali che permettano consulti da remoto, monitoraggio costante e contatti frequenti con il personale sanitario. Questo garantirà una gestione più flessibile e accessibile, soprattutto per i pazienti che vivono in aree isolate o che hanno difficoltà a spostarsi.
- Aggiornamento e formazione continua del personale sanitario
La qualità dell’assistenza dipende innanzitutto dalla preparazione degli operatori sanitari. Per questo, è essenziale aggiornare costantemente i professionisti con corsi di formazione specifici in ambito psichiatrico, che permettano di migliorare la tempestività e l’appropriatezza della diagnosi. Il laboratorio di Padova, a cui ha preso parte, tra gli altri, Alberto Siracusano, professore emerito di Psichiatria, Università Tor Vergata, coordinatore del Tavolo tecnico ministeriale sulla salute mentale, Giuseppe Nicolò, Direttore DSM-DP Asl Roma 5, coordinatore vicario del Tavolo tecnico ministeriale sulla salute mentale e Tommaso Maniscalco, Direttore Dipartimento Salute Mentale ULSS 7 Veneto, Componente del tavolo tecnico ministeriale salute mentale è la terza tappa di un percorso che ha toccato Roma, Viareggio, Milano e si concluderà nella Capitale, dove verrà presentato un vero e proprio “Mental Act” da mettere a disposizione delle istituzioni.