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Il Consiglio di Stato dà ragione su tutta la linea al Comune di Monfalcone: nei centri islamici non si può pregare

La decisione del Consiglio di Stato conferma – su tutta la linea – le ragioni dell’Amministrazione comunale di Monfalcone che hanno motivato i provvedimenti sui due centri islamici e – come rileva il sindaco Anna Maria Cisint – chiarisce in maniera indiscutibile che essi non possono essere utilizzati come luoghi di preghiera, ribadendo la fondatezza delle motivazioni del Comune.

La risoluzione nel ripercorrere i diversi passaggi della vicenda, evidenzia il valore che deve avere del rispetto delle norme e delle regole urbanistiche che sono alla base degli atti comunali e delle relative possibili conseguenze di ordine pubblico che ne possono derivare. “Ci siamo sempre mossi – il commento del sindaco Cisint – nel segno della legalità e dell’esigenza di far rispettare le regole, che devono valere per tutti i cittadini.

Il Consiglio di Stato ha colto in pieno questo presupposto che, come ho avuto modo di sottolineare, nulla ha a che vedere con gli aspetti della libertà di culto che, invece, sono stati strumentalizzati in modo violento, tanto da obbligarmi alla scorta personale per le minacce ricevute”.

Afferma infatti la decisione del Consiglio di Stato che “la libertà di culto, che è libertà individuale prima che collettiva, non sembra poter subire pregiudizi irreparabili per il caso in cui l’immobile continui ad essere utilizzato quale luogo di incontro tra gli associati, secondo la sua originaria e persistente destinazione ed in conformità ai titoli assentiti” e quindi non quale spazio di preghiera e soprattutto che “la libertà di culto, quale che sia il credo religioso in concreto implicato, integra bensì un diritto fondamentale della persona se declinata in senso assoluto, ma si atteggia a interesse legittimo fondamentale se rapportata ad altre esigenze di cui devono farsi carico i pubblici poteri nel regolamentarne l’esercizio in luoghi a ciò deputati, in modo che ne siano assicurate le condizioni di igiene, sicurezza, ordine pubblico, corretto insediamento urbanistico.

La libertà di esercizio della religione non potrebbe di per sé giustificare una destinazione urbanistica di un immobile diversa da quella impressa dai pubblici poteri – con provvedimento non impugnato – nell’esercizio dell’attività conformativa in materia urbanistico-edilizia, poiché è evidente che un immobile, in tesi carente dei requisiti strutturali o di zonizzazione, non potrebbe essere trasformato in una moschea o, allo stesso modo, in una chiesa per l’esercizio del culto religioso”.

“Si tratta, dunque, di una sentenza rilevante, una sorta di spartiacque che fa giustizia su tutte le polemiche di queste settimane – rileva il sindaco Cisint – dalla quale emerge che il Comune di Monfalcone ha agito doverosamente per ragioni di legalità relativamente alla destinazione urbanistica dell’area, alla destinazione edilizia dell’immobile in rapporto ai titoli che ne hanno conformato la destinazione d’uso, anche in relazione all’osservanza degli standard di zona e, non da ultimo, alle tematiche che possono attingere le sfere dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza”.

Sottolineando che il Comune ha funzioni pubbliche ben definite e che non può sostituirsi nella cure degli interessi privati, il sindaco Cisint, in merito alla disposizione del Consiglio di Stato che prevede la convocazione di un tavolo di confronto entro 7 giorni, ha confermando l’attuazione della disposizione ha rilevato che “non mi pare che da parte degli interlocutori ci sia una reale disponibilità a confrontarsi, considerato anche che non pare che in questo periodo ci sia stato un pieno rispetto delle ordinanze e delle disposizioni della magistratura che hanno inibito l’utilizzo degli spazi come luoghi di preghiera. Intendo, comunque, muovermi nel rigoroso rispetto del principio che gli interessi generali della comunità e della città, non possono essere subordinati a pretese di una minoranza e agire nei limiti e  secondo le disponibilità dell’Amministrazione comunale in merito”.

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