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Il Teatri Stabil Furlan chiude la sua prima stagione con i “Turcs” di Pasolini

Giovedì 3 marzo alle ore 20.45 al Teatro Nuovo Giovanni da Udine in scena il primo testo teatrale in marilenghe del poeta di Casarsa a cent’anni dalla nascita

Come ultimo atto della prima e riuscita stagione teatrale del Teatri Stabil Furlan (Tsf), verrà rappresentata in forma di lettura scenica, giovedì 3 marzo alle ore 20.45 al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, la prima opera teatrale in lingua friulana di Pier Paolo Pasolini di cui quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita (biglietti acquistabili sul circuito vivaticket, info@teatristabilfurlan.it).

È l’opera in un atto “I Turcs tal Friul”, tra i testi teatrali in marilenghe più significativi del Novecento, lavoro che ha avuto tra tutti la maggiore eco fuori dai confini regionali e che vedrà a Udine la partecipazione del direttore artistico del Tsf Massimo Somaglino e di Fabiano Fantini, curatori del progetto, insieme a Luca Altavilla, Daniele Fior, Renato Rinaldi, autore anche delle musiche a commento, Paolo Mutti, Caterina Comingio, Caterina Bernardi e Aida Talliente, con le proiezioni video realizzate da Carlo Della Vedova.

Un lavoro composto dal poeta di Casarsa nel maggio del 1944, durante il secondo conflitto mondiale, e che prende le mosse da una vicenda storica, ovvero l’invasione ottomana in Friuli del 1499, per dare sfogo ad un dramma che si muove tra tragedia greca e sacra rappresentazione. C’è unità di luogo, tempo e azione, e nel testo sono racchiusi tutti gli elementi ed i temi fondanti l’opera futura di Pasolini, sullo sfondo di una Casarsa desolata e nel vissuto di vari personaggi, tra cui diversi appartenenti alla famiglia Colùs, cognome della madre dell’autore. Nelle reazioni della comunità friulana all’arrivo degli invasori, tra discussioni, scelte, ripensamenti, in bilico tra l’accettazione di un destino che sembra segnato e la voglia di ribellione, soprattutto dei giovani, emergono con forza ieratica le tematiche universali della vita, della morte, della religione, della laicità, della rassegnazione, dell’azione, del desiderio.

Il testo, che Pasolini non vedrà mai rappresentato e che rimarrà nel cassetto lungo tutta la sua vita, verrà riscoperto e pubblicato da Luigi Ciceri soltanto nel 1976, anno anche della prima storica messa in scena avvenuta a Venezia e firmata da Rodolfo Castiglione con le musiche di Luigi Nono e le scenografie di Luciano Ceschia. Memorabile anche la tournée nazionale e internazionale di Elio De Capitani con le musiche di Giovanna Marini nel 1966 e le rappresentazioni friulane a Villacaccia di Lestizza, Casarsa e nel greto del Tagliamento.

Un testo pregnante, pieno di pathos, passione e mistero, dove l’autore con la morte del personaggio Meni Colùs sembra preconizzare la morte del fratello Guido, morto partigiano a Porzus l’anno dopo la composizione del dramma. I personaggi: Pauli, Meni, Anuta, Zuan, S’ciefin, Cenci, Luissa, il predi e altre figure che si stagliano nelle sonorità del friulano di Casarsa e dei paesi di ca da l’aga, vivono un dramma individuale e collettivo insieme, espresso attraverso una forza poetica ed estetica di profondo impatto, resa attraverso una prosa compiuta, quella del Pasolini più puro.

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