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Invito dell’Aclif ai sindaci: il friulano salva le classi

Le norme di tutela nelle aree friulanofone permettono la deroga al numero minimo di 15 allievi: possibile la salvaguardia di interi plessi a rischio. Interessati anche istituti del Veneto

La tutela della lingua friulana permette la salvaguardia delle classi e talora di interi plessi scolastici: è un’opportunità concreta che va colta, soprattutto in un momento dove anni il calo demografico, che incide in particolare nei Comuni più piccoli sia di montagna che di pianura, ha un impatto crescente e vincolante sul mondo della scuola. Per questo l’Assemblea della Comunità Linguistica Friulana, che martedì 12 aprile riunirà i 138 Comuni soci in assise, ha inviato un’informativa ai sindaci affinché stimolino le istituzioni scolastiche del loro territorio ad avvalersi delle disposizioni sulle minoranze linguistiche che permettono, qualora ve ne sia la necessità, di derogare alla soglia minima di 15 studenti prevista dalla normativa di riferimento che, anche per il Friuli-Venezia Giulia, è di fonte statale.

Negli ultimi due anni scolastici molte Comunità si sono trovate in difficoltà costringendo già le istituzioni scolastiche a tagliare il numero delle classi, con conseguenti riduzioni anche dell’organico funzionale, e talvolta ad avviare un percorso che potrebbe portare alla chiusura di alcuni plessi.

Il caso limite è quello di Sesto al Reghena, dove per il secondo anno consecutivo un gruppo di studenti residenti nell’abitato di Sesto sarà costretto a migrare verso le scuole di Cinto Caomaggiore in Veneto.

L’Assemblea di Comunità Linguistica Friulana ha approfondito la questione appurando che negli scorsi mesi si sono rivelate spesso decisive ai fini del mantenimento del numero delle classi prime della scuola primaria o secondaria di primo grado le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche ai sensi della legge 482/1999.

In particolare si fa riferimento al DPR 81/2009 riguardante “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola” dove al comma 4 dell’articolo 10,  riguardante le scuole primarie, si dispone che “nelle scuole e nelle sezioni staccate funzionanti nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche possono essere costituite classi, per ciascun anno di corso, con un numero di alunni inferiore al numero minimo previsto al comma 1 e comunque non inferiore a 10 alunni” e analogo provvedimento è previsto per le scuole secondarie di primo grado al comma 3 dell’articolo 11.

Se in epoca post-pandemica queste disposizioni possono essere utili a evitare che un’applicazione troppo rigida di criteri che non tengono conto delle peculiarità dei territori porti a danni collaterali come la perdita di classi e la chiusura nel tempo di interi plessi, perché non avvalersene?

“Si tratta di un evidente esempio in cui la tutela della lingua e la salvaguardia dell’identità di una minoranza si traducono in un’opportunità concreta a vantaggio di tutti. Dobbiamo imparare ad approfittarne”, spiega il presidente Markus Maurmair “ricordando che i benefici tangibili di questa norma sono stati ben compresi anche in Veneto dove l’Istituto Comprensivo Toniatti di Fossalta di Portogruaro ha richiesto la deroga rispetto la soglia minima di 15 allievi per alcune classi”.

“Infatti il Comune di Teglio Veneto (su cui insiste parte dell’IC) è territorio individuato ambito territoriale di applicazione delle disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche dalla provincia di Venezia con delibera 00120/2006 ai sensi della legge 482/1999 e pertanto il numero minimo per l’istituzione di una classe iniziale risulta, quindi, di dieci iscritti”: ovviamente la minoranza a cui si fa riferimento è quella friulanofona.

Negli ultimi mesi tre Comuni del Veneto (Fossalta, Gruaro e Portogruaro) hanno preso l’iniziativa di richiedere la zonizzazione dei loro comprensori nell’area friulanofona, ovviamente per motivazioni storiche, linguistiche e culturali, ma anche in considerazione delle opportunità che questa opzione offre in ambito di organizzazione dei servizi scolastici.

Vien da considerare che “se questo diritto è sancito per il Veneto a maggior ragione lo sarà per il Friuli – Venezia Giulia – chiude Maurmair – dove le minoranze linguistiche sono tre e, in particolare, quella friulana, ai sensi delle adesioni ai sensi della legge 482/1999, riguarda numerosissimi Comuni. E va ricordato infine che la possibilità di avere classi con numeri più contenuti può essere inquadrata anche nella necessità di una didattica personalizzata e pienamente inclusiva, sia in considerazione della presenza di allievi con Dsa e Bes, sia per la presenza in alcune comunità di contesti sociali eterogenei, flussi migratori notevoli e alto rischio di dispersione e, ovviamente, in funzione dell’organizzazione del tempo scuola”.

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