Migliorare il gesto atletico. Renzo Pozzo: “serve concentrarsi su dati precisi, ricavati da analisi scientifiche”
Martedì 1 febbraio Renzo Pozzo presenterà on line i risultati degli studi di UdinLab sui salti degli atleti nel meeting d'Italia 2021
Migliorare il gesto atletico si può, ma serve concentrarsi su dati precisi, ricavati da analisi scientifiche: non sempre un atleta ci riesce, per limiti fisiologici, biomeccanici o mentali. E, almeno in Italia, ancora manca una vera cultura della scienza applicata a sport come l’atletica. Lo dice il professor Renzo Pozzo, ex atleta, allenatore e ricercatore di fama internazionale, per molti anni docente e ricercatore all’Università di Colonia, in Germania, che insegna anche a Gemona del Friuli e collabora con UdinLab.
Proprio UdinLab, il laboratorio permanente nato dall’idea di Alessandro Talotti che ha generato la stretta collaborazione tra coloro che frequentano le pedane del salto in alto e la facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Udine, ha permesso, tra le varie iniziative, di sviluppare uno studio scientifico sulle prestazioni atletiche dei protagonisti del meeting UdinJump Development del 2021.
I salti dell’ucraino Andriy Protsenko, dei cubani Luis Castro Rivera e Luis Zayas, di Alessia Trost e dell’ucraina Yaroslava Mahuchikh sono stati filmati, vivisezionati e studiati in ogni più piccolo dettaglio.
L’analisi e la relazione dei dati raccolti sarà presentata dallo stesso Renzo Pozzo martedì 1 febbraio, alle 20.30, nel corso di un webinar on line, sul network ufficiale di UdinJump.
“Innanzitutto – anticipa il professor Pozzo – occorre capire l’interazione delle migliori tecniche di corsa, di stacco e di valicamento dell’asticella in rapporto alla potenza esprimibile dell’atleta. Per esempio, in base a quel che abbiamo notato nel meeting 2021, nella fase dello stacco, un atleta come Protsenko unisce un elevato aumento della velocità di salita rispetto alla velocità orizzontale di entrata; ciò si esprime con un parametro denominato indice di trasferimento della velocità. Castro Rivera e Zayas esprimono valori significativamente inferiori di questo importante parametro.. Sono tutti atleti in grado di saltare facilmente misure oltre i 2,24, a patto di riuscire a trovare un metodo che permetta loro di essere efficaci. Abbiamo inoltre notato che Castro varia molto la posizione dei piedi tra un salto e l’altro. Questo elemento impatta sulla trasformazione cinetica dei suoi movimenti perché incide sul rapporto tra la velocità di ascensione verticale rispetto alla velocità di corsa orizzontale. Alessia Trost ha dimostrato una bassa velocità di entrata in alcuni salti: è quasi “normale” che poi anche la velocità di salita sia inferiore. Inoltre, in base alla posizione dei piedi in fase di stacco, si nota un effetto diretto sulla posizione dell’atleta all’apice della parabola di salto: nei salti ottimali il vertice della parabola si trova esattamente sulla verticale dell’asticella, nei salti con parabola non ottimale esso invece è già sopra i sacchi. Tutti questi elementi rappresentano parametri che possono subire variazioni volontarie od involontarie: con il nostro studio e disponendo di un numero sufficiente di salti alle varie quote, si possono evidenziare i diversi approcci-strategie messi in atto dagli atleti”.
Conoscendo questi parametri, un atleta quanto può migliorare?
“Uno degli aspetti più difficili è proprio far comprendere a un allenatore e a un atleta la differenza tra il movimento umano in termini di descrizione secondo un paradigma legato a parametri fisici newtoniani (biomeccanica, ndr) e gli elementi che producono tale movimento cioè un paradigma sensomotorio-fisiologico. L’allenamento deve concentrarsi soprattutto su questi ultimi e, in base ai dati, si può capire-ipotizzare il rapporto tra la causa, determinata da precisi comportamenti da allenare, e l’effetto che generano, cioè la descrizione del movimento. Vanno comprese le caratteristiche dell’atleta: che velocità può raggiungere, che sforzo possono sostenere le sue articolazioni, quali caratteristiche principali mostra il suo sistema senso-motorio? Va svolto un lavoro specifico, prestando attenzione al condizionamento di specifici muscoli o parti del corpo degli atleti. In questo ambito, si commettono spesso parecchi errori: serve essere invece molto attenti a tutto ciò, per migliorare l’efficienza di ogni atleta, oltre all’efficacia. In tempi recenti, la tecnologia applicata all’atletica ha permesso di fare passi avanti rilevanti, consentendo rilevazioni precise e non invasive dei parametri cinematici e dinamici e dell’attivazione muscolare di ogni gesto. Ai tempi della costruzione del palaIndoor a Udine, io insistetti parecchio perché le pedane dei salti fossero dotate di strumenti per la rilevazione di alcuni parametri come le pedane dinamometriche interrate. In ogni caso, è fondamentale comprendere la differenza tra descrivere un salto in alto ed allenare i processi che producono questo fenomeno: spesso si confondono i due mondi”.
Qual è il feedback che atleti ed allenatori danno rispetto a questi studi? Hanno l’abilità di elaborare i dati e di lavorare di conseguenza?
“Questa domanda mette un po’ il dito nella piaga. L’Italia è il paese dei geni che risolvono con fantasia le situazioni più difficili, però servirebbe investire di più, soprattutto a lungo termine, nella ricerca e nell’applicazione sistematica dei dati. È comunque doveroso sottolineare che in alcuni settori, ovvero discipline sportive, si sono fatti notevoli progressi e l’interazione tra studiosi e allenatori è molto progredita. Negli anni Novanta, con il settore lanci in seno alla Fidal, ottenemmo risultati brillanti. Oggi, in altri paesi, anche in Slovenia per esempio, c’è un più efficace e continuo scambio di dati tra atleti e allenatori da una parte e ricercatori e scienziati dall’altra. C’è una diversa cultura”.
Eppure, nel 2021, il campione olimpico di salto in alto e i campioni olimpici dei 100 metri e della staffetta 4×100 sono tutti italiani…
“La perfetta eccezione che conferma la regola. Quando una nazione manda un proprio atleta costantemente tra i primi dieci a livello mondiale, si può parlare di un sistema efficiente. Se succede l’exploit, che va comunque studiato, non è detto che tutto il sistema dietro sia efficace. Basta andare a vedere quali nazioni abbiano investito davvero nei centri di preparazione olimpici per avere un quadro chiaro. Poi, certamente, anche quelle possono sbagliare e non ottenere risultati, anche perché dipende dal materiale umano a disposizione. L’Italia è il paese dei talenti, ma non sempre il nostro sistema di sviluppo di questi talenti funziona bene. Tamberi ha vinto l’oro olimpico, ha fatto un gran lavoro, ma dietro di lui chi c’è?”
Un messaggio da mandare agli studenti delle facoltà di Scienze Motorie e simili?
“Io insegno anche a Gemona e la mia storia personale può essere un monito. Sono andato via dall’Italia perché ai miei tempi, da studente, non c’erano Università che preparassero per questo settore. Sono andato a Colonia, che è una delle migliori al mondo, ricominciando da zero. Serve grande passione, il campo di interesse è bellissimo perché esplora i limiti delle capacità umane. C’è, però, un forte rischio di ricevere ingratitudine. Nello sport agonistico di alto livello, se non si entra tra i primi dieci al mondo non si viene considerati: essere continui solo a livello nazionale non dà visibilità, né vera considerazione generale. Diverso è il discorso se si entra nel campo della riabilitazione o del fitness, dove la considerazione è maggiore e non serve portare qualcuno a una finale olimpica per essere applaudito: ecco perché, spesso, i migliori si dedicano a fisioterapia e al fitness”.