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Monfalcone. Dal 25 febbraio la Piccola Permanente dell’angolo Maritani ospita l’esposizione personale di Korfu dal titolo Pianeta Terra

La Piccola Permanente dell’angolo Maritani, ospita da sabato 25 febbraio l’esposizione dell’artista friulano Korfu intitolata “Pianeta Terra” che potrà essere visitata continuamente fino a giovedì 9 marzo dal martedì alla domenica dalle ore 7.30 alle 22.00.

Fabrizio Bidoli in arte Korfu è nato a Palmanova, in provincia di Udine, nel 1963. La sua formazione artistica si è svolta, in parte, nel laboratorio paterno di pittura e incisione, frequentato da alcuni dei maggiori artisti del Novecento friulano. Da autodidatta, sin dagli anni Ottanta, sperimenta diverse tecniche pittoriche e grafiche in supporti e materiali eterogenei – dalle plastiche ai tessuti, alle forme più tradizionali su tela- sempre però con una marcata e decisa impronta di matrice espressionistica, nella caratura quasi materica del segno surrealista, nella dimensione onirica e metafisica che pervade gran parte della sua produzione. Questa stessa, nel tempo, si configura all’interno di una poliedricità espressiva, dando vita ad una produzione di oggetti d’arte, dalle lampade, ai teli, alle opere in plexiglas, tutti rigorosamente frutto di una fantasia creativa volta a innescare all’interno della materia stessa, la cifra di una semantica del segno connotata dal vigore espressivo e dalla diffusa policromia delle forme. Si susseguono così, in una periodizzazione stilistica, oggetti d’uso comune e funzionale, tutti marcati però da una ben precisa e individuabile personalità, dove il gesto espressivo e la cifra del colore, si intessono in una vibrazione emozionale che tende al recupero delle forme e degli stilemmi propri di una matrice novecentesca che può avere, come determinati mentori, i nomi di Dalì, di un Savino, di un Max Ernst, quali archetipi punti di riferimento e atti simbolici dai quali partire. Ma non si tratta di una clonazione di archetipi, quanto di un sentimento di affinità all’interno di percorsi stilistici che approdano sempre ad un superamento del dato oggettivo, per una felice commistione tra esperienza del e nel colore e forza del grafema, del simbolo quasi fattosi gesto, nella determinatezza iconologica dell’ apparenza e del sogno. Opere quindi aperte, che declinano la loro appartenenza su più versanti interpretativi, superfici modulate da tratti di raro ed intenso vigore espressivo, metafore, si direbbe, di una sostanziale estraneità verso i percorsi più risaputi e battuti, alla ricerca dell’imprevisto e dell’imprevedibile, della traccia che lasci “traccia” nella relazione tra testo ( sia esso una tela, una superficie plastica o un tessuto…) ed icona, tra superficie picta e anamnesi interpretativa, tra la superficie che emerge e il dialogo dei segni.

 

 

 

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