Luca Raffaelli ha dato una chiave di lettura originale alla narrazione del percorso espositivo: quella dei diversi formati con cui il fumetto – nei suoi oltre cento anni di vita – è stato letto, conosciuto e amato in ogni angolo del pianeta, a seconda delle culture, delle condizioni economiche e delle abitudini sociali dei lettori. È così che in America sono nate prima le tavole domenicali nei supplementi a colori dei quotidiani statunitensi, poi le strisce e i comic book. In Italia troviamo invece il formato giornale (quello del primo “Corriere dei Piccoli”) e le strisce di “Tex”, poi portate al successo dal formato che porta il suo nome; in Francia i volumi chiamati “albùm” in Giappone i tankobon, libretti dove vengono pubblicati i manga di successo.
Il PAFF! si connota dunque come l’unico Museo al mondo dedicato al fumetto che ponga al centro dell’attenzione il raffronto tra le tavole originali e le riproduzioni, i giornali, gli albi, i libri su cui i fumetti vivono.
In questo modo vengono poste in evidenza le sorprendenti declinazioni nelle quali alcune tavole sono state pubblicate, mostrando le interazioni che i fumetti hanno avuto con altre discipline (cinema, pittura, moda, design, avanguardie, teatro, letteratura) e settori (educational e entertainment), e chiarendo come mai prima d’ora il rapporto tra fumetto e industria della comunicazione, permettendo così a fasce di pubblico diverse per cultura, età e provenienza di aprire uno sguardo nuovo su tematiche e linguaggi. La maggior parte dei fumetti nasce per una destinazione editoriale precisa, che detta spazi e tempi di narrazione. Ma poi la storia e il successo possono cambiare tutto. Ne è un esempio la tavola domenicale di Flash Gordon, grande e dagli impressionanti colori, ridimensionata in formato pocket in bianco e nero. Oppure “L’eternauta”, fumetto di fantascienza nato nel formato orizzontale argentino negli anni Cinquanta (celebre per aver predetto le tragedie dei desaparecidos) diventato un successo italiano nel formato verticale di “Lanciostory”, vent’anni dopo. O ancora il “Maus” di Spiegelman, nato come inserto di una rivista underground venduta in poche migliaia di copie e diventato uno dei romanzi a fumetti più noti al mondo, vincitore di un Premio Pulitzer nel 1992.
Nell’esposizione permanente la tavola originale viene mostrata in tutto il suo percorso editoriale, chiarendo come mai prima d’ora il rapporto tra fumetto e l’industria della comunicazione, permettendo a fasce di pubblico diverse per cultura, età e provenienza di aprire uno sguardo nuovo su quest’arte anche nel rapporto con le altre discipline artistiche e i loro linguaggi.
Particolarmente ricca e curata è infine la componente multimediale del Museo, che comprende 56 schermi touch screen, collegamento wi-fi con server dedicato per i monitor interattivi, neckbands e tablets di ultima generazione per permettere ai visitatori di vivere un’esperienza interattiva sulle arti del fumetto unica nel suo genere.