L’ARTE CONTRO IL FEMMINICIDIO, INAUGURATA A UDINE L’INSTALLAZIONE PUBBLICA “CI SONO AMORI SENZA PARADISO”, PER GIULIA CECCHETTIN, CAROLE MALTESI E TUTTE LE ALTRE DONNE VITTIMA DI VIOLENZA FAMILIARE
UDINE – Resterà visitabile fino a domenica 12 maggio, ed è stata inaugurata nella giornata di ieri, martedì 7 maggio, nel cuore di Udine – la centralissima Piazza Libertà sotto il Castello del capoluogo friulano – l’installazione dell’artista e attivista Gianluca Costantini, “Ci sono amori senza paradiso”, una Spoon river artistica dedicata alle vittime di femminicidio in Italia, 120 nel 2023 e già 60 solo nei primi 3 mesi del 2024. Ben visibile in piazza Libertà nel centro storico di Udine fino al 12 maggio – progettata dall’architetto Alberto Cervesato – con un diametro di 20 metri, la struttura custodisce al suo interno i ritratti di tante, troppe donne che hanno dolorosamente fatto parlare di sé, da Giulia Cecchettin a Carol Maltesi, da Vanessa Ballan a Vincenza Angrisano, Marisa Leo, e tante altre – troppe – vittime delle quali in molti casi non ricordiamo più neppure il nome. Una Spoon River artistica che parla alle nostre coscienze, per spingerci a riflettere sulla violenza di genere. Un appello a trovare il modo di porre fine a questa piaga – che è sociale e culturale – dell’artista e attivista Gianluca Costantini, da sempre impegnato sul fronte dei diritti umani.
Attraverso questa e altre iniziative, vicino/lontano Premio Terzani aderisce alla campagna Nazionale di Rai Radio1 e del Giornale Radio Rai “Come un’Onda, contro la violenza sulle Donne”. «Questa serie di ritratti dedicati alle donne vittima di femminicidio – spiega Gianluca Costantini – non è nata con un intento preciso: ho iniziato a disegnare i volti di queste donne, spesso sorridenti oppure con espressioni malinconiche. Ho aggiunto solo il nome e il modo in cui sono state uccise, senza ulteriori dettagli. La crudeltà con cui sono state assassinate, a colpi di martello, impiccate, smembrate, accoltellate, strangolate, uccise a fucilate o bruciate, mi colpisce profondamente. Questa non è una serie di disegni di vittime di un serial killer, ma i ritratti di persone comuni. Donne comuni uccise dai loro compagni, giovani uomini, anziani: non fa differenza. La violenza si manifesta in modo brutale. Questa galleria di volti non vuole essere solo una denuncia, ma anche un senso di colpa. Come uomo, mi sento in colpa ogni volta che un nuovo nome compare nei notiziari. Non ho colpe, non ho mai fatto nulla per averle, ma riconosco l’esperienza del possesso, di un amore basato sul controllo, instillatomi dalla società e dalle persone che mi hanno cresciuto. Per molti uomini, questa idea si traduce in una violenza assurda e inconcepibile, senza senso: meglio distruggerti che perderti. Meglio finire in prigione che restare da solo. Mi chiedo spesso se sto educando mio figlio con le parole e i gesti giusti, o se credo di farlo ma in realtà non è così. Ogni tanto mi chiedo cosa farei se mio figlio commettesse un omicidio come quello di Giulia Cecchettin. Immagino quale tragedia sia per le famiglie coinvolte: padri, madri, fratelli, sorelle. Cosa penserebbe una nonna del nipote assassino? Cosa penserei io di mio figlio e di me stesso? Ecco, questo è il senso di questa installazione e di questi disegni: un senso di impotenza assoluta».