TOP NEWSVENETO

ITALIA : Madri o lavoratrici. Gli effetti della maternità oggi .

La prima donna fu, nel 1908, Ann Reeves Jarvis, un’attivista per i diritti umani della Virginia che si batté per promuovere l’assistenza alle famiglie bisognose. Alla sua morte, la figlia Anna istituì una giornata in sua memoria per celebrare le donne che quotidianamente si occupano delle faccende domestiche e familiari, senza vederne riconosciuto il merito. Le donne svolgono tuttora la maggior parte dei lavori non retribuiti, come la presa in carico dei figli, delle loro attività e della cura della casa. A seguito di ciò, risultano anche gravemente penalizzate sul mercato del lavoro.  Motherhood penalty: come il mercato del lavoro penalizza le donne dopo la maternità

I dati mostrano un sistematico declino salariale tra le donne dopo la nascita dei figli. Questo ha portato alla diffusione del termine motherhood penalty”, letteralmente penalizzazione associata alla maternità. Dal rapporto annuale del 2017 dell’Inps, emerge che ventiquattro mesi dopo l’inizio del congedo di maternità, la donna guadagna tra il 10 e il 35% in meno di quanto avrebbe guadagnato se non avesse avuto il figlio. La penalizzazione varia a seconda del fatto che la donna torni a lavorare immediatamente dopo il congedo o no. È inoltre più alta per le lavoratrici che hanno un figlio prima dei 30 anni e per quelle che al momento del parto non avevano un contratto a tempo indeterminato.  È stato verificato che in Italia, a quindici anni dalla maternità, i salari lordi annuali delle madri sono del 53% inferiori a quelli delle donne senza figli rispetto al periodo antecedente la nascita. Le settimane lavorate in meno tra l’una e l’altra categoria sono circa undici l’anno e la percentuale di donne con figli con contratti part-time è quasi tripla rispetto a quella di chi non ha figli.

In netta opposizione a ciò, uno studio americano ha evidenziato che i neo-padri ricevono, a 5 anni dalla nascita del figlio, un aumento salariale tra il 5 e il 10%. Inoltre, alcuni ricercatori nel 2013 hanno stimato che la differenza di reddito tra i padri e gli uomini senza figli varia, a favore dei primi e a parità di impiego e qualifiche, dal 4 al 16% a seconda dei Paesi. Questi dati avvalorano il cosiddetto fatherhood premium, cioè una ricompensa per la paternità. In contrasto con quanto accade per la madre, la busta paga del padre pare infatti giovare dalla nascita di un figlio.

Con una media europea intorno al 70% del reddito iniziale, l’Italia è il paese che offre un minor compenso a riguardo. Non sorprende dunque che nel 2018 solo il 23% dei padri abbia fatto domanda o abbia pensato di far domanda per il congedo parentale per dedicarsi all’assistenza dei figli.

Questo dato rileva dunque la necessità di una compensazione salariale più dignitosa, ma pone anche la questione della non trasferibilità del congedo parentale. In effetti, ad oggi, essendo intercambiabile, esso è nettamente più usufruito dalle madri. Qualora fosse istituito, come in altri Paesi europei, un congedo parentale con una proporzione dedicata solo al padre e meglio retribuito, potremmo probabilmente assistere a statistiche diverse.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button