Uno studio dell’Università di Padova e di Human Technopole assieme all’Università degli Studi di Milano e all’Istituto Europeo di Oncologia, pubblicato su «Cell Reports Medicine», ha scoperto che il recettore RAGE, presente sulla superficie di specifiche cellule immunitarie umane può essere legato dal virus che causa il COVID-19 per penetrarvi e alternarne in senso patologico il funzionamento. Questo studio inoltre rivela come il coinvolgimento di RAGE, conosciuto in precedenza solo nel contesto di altre condizioni fisiopatologiche come obesità e diabetesia implicato nella diversa severità con cui si può manifestare il COVID-19. Scoperta una nuova strada attraverso cui il virus SARS-CoV-2 entra nei monociti, globuli bianchi che contribuiscono alla risposta immunitaria innata: ricercatori dell’Università di Padova e di Human Technopole hanno osservato che il SARS-CoV-2 si lega a un recettore presente sulla membrana della cellula, chiamato RAGE (Re ceptor for Advanced Glycation End Products) e lo usa come chiave per entrare all’interno. I ricercatori hanno anche osservato che i pazienti in cui l’attivazione del pathway RAGE è più elevata hanno sintomi e conseguenze più gravi.
Lo studio è stato pubblicato sulla nota rivista scientifica «Cell Reports Medicine». La scoperta è il risultato della stretta collaborazione tra il gruppo coordinato dalla Professoressa Antonella Viola, presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e i ricercatori del gruppo di Human Technopole coordinato dal Prof. Giuseppe Testa, con il supporto dell’Istituto Europeo di Oncologia e l’Università degli Studi di Milano. Si è basato sui dati di pazienti ricoverati per COVID-19 durante la prima fase della pandemia presso l’Unità Operativa Complessa Malattie Infettive e malattie Tropicali di Padova, diretta dalla Dottoressa Anna Maria Cattelan. Il gruppo di ricerca padovano ha isolato e caratterizzato le cellule immunitarie del sangue dei pazienti COVID-19 in tre momenti diversi del decorso dell’infezione, ovvero al ricovero, alle dimissioni e dopo un mese. L’analisi è poi proseguita a Milano dove utilizzando delle tecnologie che hanno permesso di analizzare la totalità di quanto accade all’interno di una singola cellula, cioè l’espressione di tutti i 20.000 geni codificati dal suo DNAì. La mole di dati osservata per ciascun paziente è paragonabile alla quantità di informazioni presente in un’immagine da 140 megapixel, risoluzione alla frontiera delle possibilità delle fotocamere comunemente disponibili sul mercato. Queste “fotografie” sono state scattate in più momenti del percorso ospedaliero dei pazienti, amplificando così esponenzialmente la mole di dati, ma soprattutto le informazioni per ogni singolo paziente sulla risposta del sistema immunitario al SARS-CoV-2.
Spiega la prof.ssa Antonella Viola, docente di patologia generale al dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova e corresponding author dello studio: «Quando la pandemia è iniziata ci siamo subito messi in contatto con la prof.ssa Annamaria Cattelan per mettere le nostre competenze a servizio della comunità. Insieme abbiamo studiato le caratteristiche immunologiche dei pazienti ricoverati a Padova e questo è l’ultimo di una serie di risultati che abbiamo ottenuto e pubblicato. La collaborazione con il gruppo di Giuseppe Testa e con gli altri colleghi di HT per questo specifico studio è stata strategica per riuscire a identificare un nuovo recettore del SARS-CoV-2. La nostra ricerca, frutto di una collaborazione tra scienziati di ambiti diversi e operanti in Italia e all’estero, mostra quanto ancora poco conosciamo questo virus e quanto sia importante continuare a definire i meccanismi patogenenetici del COVID-19»
Dichiara Giuseppe Testa, professore di Biologia Molecolare all’Università degli Studi di Milano, direttore del programma di ricerca in Neurogenomica di Human Technopole in convenzione con l’Università Statale di Milano e Group Leader all’Istituto Europeo di Oncologia e corresponding author dello studio: “L’idea di iniziare a studiare il Covid-19 come parte della nostra missione di responsabilità sociale in qualità di scienziati risale al marzo del 2020, all’inizio della pandemia, quando lanciai il progetto COVIDIAMO sotto l’egida dell’iniziativa europea LifeTime-for-COVID19, di cui sono stato coordinatore, che applicava al COVID-19 il paradigma della medicina ad alta definizione mirato a intercettare i meccanismi di malattia al loro primo manifestarsi e poi nel loro decorso grazie a uno zoom ad alta risoluzione su come ciascuna singola cellula modifica il suo funzionamento. Questo studio è il risultato del nostro lavoro portato avanti a Human Technopole e all’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con il gruppo di Antonella Viola dell’Università di Padova, che ha permesso di identificare un nuovo meccanismo che in futuro potrà aiutarci a capire perché in alcune persone il Covid-19 ha un decorso peggiore rispetto ad altre. Il ruolo importante di RAGE era già noto alla comunità scientifica in quanto legato a una serie di condizioni fisiopatologiche come obesità e diabete, ma questa è la prima volta che viene identificato come recettore di un virus. Questa scoperta dimostra il potere dell’alta risoluzione spinta a livello della singola cellula e pone le basi per un’analisi più approfondita sul ruolo di RAGE nelle infezioni e potrebbe avere in futuro un impiego traslazionale nella lotta ad alcune malattie, anche se al momento non esiste ancora un trial clinico”.