Dagli archivi dell’Università di Padova emerge un documento audio inedito, la voce di Egidio Meneghetti, rettore dell’Università di Padova dal 1945 al 1947 e tra i fondatori del CLN del Veneto, che racconta la storia di una partigiana, caduta in una retata sui monti del Veronese assieme ad alcuni compagni. Si chiamava Rita Rosani, ebrea e triestina, aveva 22 anni e faceva la maestra.Il documento è stato recuperato grazie all’appassionato e accurato lavoro di Lorenzo Cima, farmacologo dell’Università di Padova scomparso nel 2019 e uno degli ultimi allievi di Meneghetti, e di Sergio Canazza, docente di ingegneria elettronica specializzato nella creazione, riproduzione e conservazione del suono e attuale direttore del Centro di Sonologia Computazionale, al quale Cima si rivolge nel 2000 per risolvere un enigma: cosa contengono quei misteriosi dischi rinvenuti nello studio di Meneghetti?
Da allora per tanti anni Canazza, che all’epoca ha appena terminato il dottorato, non smetterà di pensare a come riportare in funzione l’apparecchio rinvenuto assieme ai quei quattro supporti dalla forma tanto simile a un vecchio vinile ma in realtà espressione di una tecnologia precedente. Si tratta di un Dimafon, che viene usato in Italia dopo la seconda guerra mondiale e usato come dittafono.«Dopo 15 anni di ricerche, il colpo di fortuna arriva in un posto più vicino del previsto: a Bologna, in un piccolo negozio – spiega Sergio Canazza -. Una volta sostituito i componenti guasti mi sono reso conto che la macchina funzionava. Così ho potuto finalmente capire cosa c’era in quei dischi. E così capiamo che non si tratta di discorsi e nemmeno di lezioni di farmacologia, ma di tre poesie in dialetto veronese composte e declamate dallo stesso Egidio Meneghetti.»
Tre sono i dischi analizzati (nel quarto non è presente alcuna registrazione) e ciascuno contiene una poesia con una durata che va all’incirca a dal minuto a due minuti e mezzo: La foia bala (Foia imbriaga) è una riflessione sulla vita e sulla poesia ed esprime la visione intima e struggente del poeta ormai anziano, mentre La fresa raspa è la celebrazione dei “musi neri”, gli operai metalmeccanici veneti che nel petto nutrono la “speranza rossa” di un socialismo alieno da schematismi dottrinali e intriso di umanesimo. La Rita more è infine “una storia vera di partigiane” che un figlio chiede al papà di raccontargli e come detto è dedicata alla figura di Rita Rosani, partigiana eroica fino al sacrificio e medaglia d’oro al valor militare della Resistenza.