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PADOVA : Liguori gioca dopo la condanna di primo grado. D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza; le donne ancora non viste nei casi di stupro. 

Michael Liguori, calciatore del Padova, è stato giudicato colpevole in primo grado dal Tribunale di Teramo per violenza aggravata nei confronti di una quattordicenne e condannato a tre anni e quattro mesi. Riteniamo inaccettabili le parole di Matteo Andreoletti, allenatore del Padova calcio in riferimento alla vicenda di Michael Liguori, il calciatore del Padova condannato in primo grado per violenza sessuale in concorso con un altro uomo, nei confronti di una ragazza di 14 anni dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza.

Leggiamo sulla stampa che l’allenatore, dopo la partita disputata sabato scorso, si è riferito alla condanna per stupro inflitta a Liguori come a “un episodio molto spiacevole” si è spinto ad auspicare che il calciatore torni a segnare qualche gol per ritrovare la propria serenità. Siamo allibite” – continua Veltri. “Non solo per la banalizzazione di un crimine gravissimo quale quello dello stupro, che per l’allenatore del Padova, viene ridotto ad una sorta di semplice spiacevolezza, ma anche perché è evidente che, in una sorta di ribaltamento di responsabilità, per l’allenatore non è alla vittima di violenza che va rivolta solidarietà, ma all’uomo che è stato condannato, come se – nel processo – fosse lui la parte offesa, ferita, danneggiata

Sono parole superficiali e gravissime che riflettono in modo evidente la persistenza di una sottocultura sessista e la celebrazione di una mascolinità tossica che incontriamo anche nello sport, soprattutto nel calcio, che amplifica il privilegio maschile. “Vedere un giocatore condannato per stupro giocare ed esultare insieme alla squadra fa sentire ancora più sole e non credute le donne che stanno subendo violenza e che ancora non sono sicure se chiedere aiuto” dichiara Mariangela Zanni, presidente del Centro Veneto Progetti Donna, il Centro antiviolenza di Padova.

La Calcio Padova S.p.A. non ha voluto esprimersi, in attesa del terzo grado di giudizio: benissimo, ma si astenga anche dal far quadrato intorno Liguori. Sarebbe stato un segnale di rispetto nei confronti delle due ragazze, parte lesa nel processo, non far scendere in campo il calciatore a due giorni dalla condanna.

“La Società avrebbe potuto piuttosto mandare un messaggio esemplare per tutti i giovani e le giovani che praticano sport, dichiarando di stare sempre dalla parte delle vittime e di credere loro” – continua Zanni. Che messaggio invece si sta inviando alle donne che denunciano? Che anche quando un uomo è condannato, può ricevere solidarietà e sostegno perché ritrovi la sua ‘serenità’? Che è lui la vittima? Che in attesa del terzo grado di giudizio le vittime possano essere pubblicamente e subdolamente bollate come bugiarde?

“La Società ha scelto la via più comoda, quella della normalizzazione, di un finto garantismo,del non credere alle donne. Di pensare che un gol e il soldo valgano di più del diritto delle donne di vivere libere dalla violenza.” – Conclude Zanni. “Finché non si sceglierà di stare dalla parte delle donne risparmiateci fascette, segni rossi, campagne e gol contro la violenza”. E ancora Veltri – “Anche questa volta si è persa l’opportunità di agire con coscienza, nel rispetto delle parti offese e in coerenza con le manifestazioni di intenti e le solite promesse debolmente appese ai fiocchetti sulle maglie, nella giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne” conclude la presidente.

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D.i.Re. – Donne in rete contro la violenza è la Rete nazionale antiviolenza e si compone di 88 organizzazioni dislocate sul territorio nazionale, che gestiscono Centri antiviolenza e Case rifugio, affiancando oltre 20.000 donne ogni anno. D.i.Re e le organizzazioni socie sono attive politicamente per determinare il cambiamento culturale necessario per l’eliminazione della violenza maschile alle donne.

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Il Centro Veneto Progetti Donna (Centro Donna) è il Centro antiviolenza (CAV) della provincia di Padova. È una ONLUS che dal 1990 offre sostegno a donne, italiane e straniere, in difficoltà e coinvolte in situazioni di violenza e maltrattamento familiare e non. Si compone di 5 sedi e 8 sportelli diffusi nella provincia.

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