Nell’ambito dell’operazione “Malta’s Passeur”, condotta dalle Fiamme Gialle del
Comando Provinciale di Treviso, il Commissariato di P.S. Anzio/Nettuno ha eseguito
un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta dal Tribunale di Treviso, nei confronti
di un altro dei responsabili dell’ingresso in Italia di centinaia di clandestini.
Si tratta del secondo dei tre guineani coinvolti nelle indagini del Gruppo di Treviso, che
avevano portato alla luce come decine di clandestini, utilizzando documenti d’identità
contraffatti, fossero entrati nel territorio nazionale a bordo di voli di linea da Malta, atterrati
in numerosi aeroporti italiani.
Il trafficante di essere umani, insieme ai due connazionali, era già stato destinatario,
nell’ottobre 2021, di un provvedimento cautelare, consistente nell’obbligo di dimora nel
comune di residenza e di detenzione domiciliare nelle fasce orarie serali e notturne.
L’indagato, in realtà, subito dopo la notifica dell’ordinanza disposta dal Giudice per le
Indagini Preliminari di Treviso, si era allontanato dal suo domicilio in provincia di Napoli,
rifugiandosi all’estero, motivo per cui il Tribunale di Treviso, nel gennaio 2022, aveva
disposto la più grave misura cautelare personale della custodia in carcere.
Nelle scorse settimane, lo straniero si è presentato al Commissariato Anzio-Nettuno per la
richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno: è stato qui che gli agenti della Polizia di
Stato, nel corso delle operazioni di identificazione, si sono resi conto che sul suo conto i
finanzieri trevigiani avevano inserito in banca dati una richiesta di arresto in caso di rintraccio
nel territorio italiano.
Il ricercato, quindi, è stato dapprima condotto presso la Casa Circondariale di Velletri,
mentre nei giorni scorsi è stato trasferito, su disposizione della locale Procura della
Repubblica, presso il carcere di Treviso, dove, nel frattempo, è giunto dalla Francia l’altro
connazionale, arrestato nel novembre 2022 a Orleans, a seguito di un mandato d’arresto
europeo disposto dal Tribunale di Treviso.
Le investigazioni che hanno portato all’arresto del trafficante, ricordiamo, avevano preso
avvio nel dicembre 2019, quando, presso l’aeroporto “Antonio Canova” di Treviso, furono
fermati due clandestini africani, provenienti da Malta, che avevano entrambi lo stesso
passaporto contraffatto, la cui identità apparteneva in realtà a una terza persona.
Grazie all’incrocio delle informazioni ottenute tramite le intercettazioni telefoniche, all’analisi
delle liste passeggeri e delle prenotazioni di volo delle diverse compagnie aeree, alla
consultazione delle banche dati del Ministero dell’Interno e all’esame dei conti correnti
bancari degli indagati, era stato ricostruito il collaudato sistema illecito, ideato dai tre
guineani per introdurre clandestinamente in Italia decine di immigrati africani, utilizzando
sistematicamente Malta come scalo.
Gli stranieri irregolari, provenienti dal continente africano, prima di essere definitivamente
trasferiti in Italia, venivano infatti condotti nell’isola, dove potevano disporre di un alloggio
temporaneo, fornito dagli stessi indagati.
Successivamente, sfruttando documenti di identità contraffatti o intestati ad altri soggetti
compiacenti, i tre facevano imbarcare gli immigrati a bordo di voli aerei, con destinazione gli
aeroporti di Treviso, Roma Ciampino, Roma Fiumicino, Bari, Torino, Orio al Serio, Napoli,
Perugia, oltre che a bordo di traghetti diretti a Catania. La tariffa fissata per ciascun ingresso
irregolare variava tra i 450 e i 700 euro a clandestino.
Il quadro investigativo allora emerso si è rivelato ben più grave grazie ai documenti
sequestrati al ricercato in provincia di Napoli, allorquando venne trovato in possesso di
svariati documenti d’identità e passaporti, utilizzati per favorire l’ingresso in Italia dei
clandestini. Proprio l’esame di tali documenti, insieme all’analisi del contenuto delle chat
rinvenute sul telefono cellulare, ha permesso di ricostruire un numero ben più alto di
clandestini introdotti in Italia, pari ad altre duecento persone circa.
L’operazione della Guardia di Finanza di Treviso testimonia l’efficace ricorso, da parte del
Corpo e dell’Autorità Giudiziaria, alla cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia,
fondamentale per l’acquisizione di dati e notizie utili per il contrasto dei reati transnazionali
e la ricerca di soggetti che riparano all’estero, nella erronea convinzione di sfuggire alle
responsabilità penali per reati commessi in Italia.