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VENETO : NEL 2022 CRESCITA RECORD DELLE DIMISSIONI, MA UN LAVORATORE SU DUE FIRMA UN NUOVO CONTRATTO ENTRO 7 GIORNI

Nel Sestante di Veneto Lavoro l’approfondimento sulle cessazioni di contratti a tempo indeterminato. Nel 2022 dimissioni in crescita del 15%, ma il 42% dei lavoratori trova un nuovo impiego entro 7 giorni, il 56% entro un mese. Il 60% lavorava nel settore dei servizi, ma i tassi di ricollocazione più elevati si registrano per le dimissioni nella pubblica amministrazione, nel metalmeccanico e nelle utilities. Spesso alla base della scelta la possibilità di trovare occasioni di impiego migliori. Nel 2022 le cessazioni di contratti a tempo indeterminato sono state in Veneto 191.500, il livello più alto dal 2008 e, restringendo l’osservazione agli ultimi anni, il 12% in più rispetto al 2021 e il 17% in più rispetto al 2019, prima della pandemia.

Secondo l’approfondimento contenuto nel Sestante, la pubblicazione trimestrale dell’Osservatorio di Veneto Lavoro con tutti i dati sull’andamento del mercato del lavoro regionale, a registrare una crescita particolarmente sostenuta sono state le dimissioni, complessivamente 137.300 nel corso dell’anno, con una crescita del +15% rispetto al 2021 e del +35% sul 2019. Anche il loro peso sul totale delle cessazioni da tempo indeterminato è progressivamente cresciuto, passando dal 62% registrato nel 2019 al 72% dell’ultimo anno.

Quasi un lavoratore su due (il 42%) ha però trovato un nuovo impiego entro 7 giorni dalla data di dimissioni dal precedente contratto, percentuale che sale al 56% a distanza di un mese e che in entrambi i casi è superiore a quella rilevata nel 2019. È dunque presumibile che circa la metà dei dimissionari abbia lasciato il proprio posto di lavoro perché ne aveva già trovato un altro. Il 59% delle dimissioni avvenute nel 2022 ha riguardato lavoratori dei servizi, principalmente dei settori dei servizi turistici, dell’ingrosso e della logistica e dei servizi alla persona, mentre il 40% lavorava nell’industria (Made in Italy e metalmeccanico). Il maggior incremento rispetto al 2019 si è registrato in particolare nel metalmeccanico, industrie della chimica, della plastica, della carta e della stampa, commercio al dettaglio, terziario avanzato, sanità e, seppure con un volume più contenuto, la pubblica amministrazione. Proprio tali comparti risultano anche quelli che registrano tassi di ricollocazione più elevati: 64% entro 7 giorni dalla pubblica amministrazione, 57% dal metalmeccanico e dalle utilities, mentre il turismo è il settore che presenta i tassi più bassi (30% a 7 giorni e 46% a un mese).

In termini anagrafici, la crescita delle dimissioni ha interessato in misura maggiore le donne, che hanno visto aumentare anche il tasso di ricollocazione a 7 giorni dalla cessazione del precedente contratto dal 35% del 2019 al 38% del 2022. Più dell’80% delle dimissioni avvenute nel 2022 ha riguardato lavoratori italiani, che registrano anche tassi di ricollocazione più elevati rispetto agli stranieri, mentre in termini di età il 63% dei dimissionari ha tra i 30 e i 54 anni, il 20% è under 30 e il 17% è over 54 anni.

I giovani presentano tassi di ricollocazione inferiori rispetto agli adulti (43% contro 49%), mentre per molti lavoratori con più di 55 anni spesso le dimissioni precedono l’uscita dalle forze lavoro e per questo le quote di quanti si rioccupano sono nettamente inferiori. Escludendo tali lavoratori, le percentuali di ricollocazione dei dimissionari salgono al 47% a 7 giorni di distanza e al 63% dopo un mese, con picchi del 70% per gli operai semi-specializzati.

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