I Finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza, nell’ambito delle attività di polizia economico-finanziaria finalizzate al contrasto del sommerso da lavoro, hanno rilevato plurime infrazioni in tema di lavoro “nero” – con il coinvolgimento di un minore – e di immigrazione clandestina. I militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Schio hanno effettuato un accesso presso un fast food sito nel centro storico della città scledense. Nel corso dell’attività si è appurato come tutti i dipendenti presenti all’interno del locale fossero impiegati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.
Nel dettaglio, è stato rilevato l’impiego di un minore senza regolare contratto e in assenza della prescritta visita medica preventiva tesa ad accertare l’idoneità nello svolgimento dell’attività lavorativa, una dipendente priva di regolare inquadramento contrattuale e contributivo, nonché due cittadini stranieri irregolari sul territorio dello Stato. Pertanto, il titolare dell’esercizio commerciale è stato segnalato all’Ispettorato Territoriale del Lavoro per l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale e per la successiva irrogazione di sanzioni amministrative quantificabili, nel minimo, in oltre 15.600 €.
In merito all’impiego dei lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno, è stata inoltre redatta apposita comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza, con la quale sono stati deferiti sia il titolare dell’attività – per impiego di manodopera clandestina – che i due lavoratori – per soggiorno illegale nel territorio dello Stato – per quanto previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione.
L’attività svolta si inquadra nella più ampia azione condotta dalla Guardia di Finanza volta ad individuare situazioni di sfruttamento di manodopera che, oltre a costituire una grave forma di concorrenza sleale nei confronti degli operatori economici onesti e rispettosi della legalità, rappresentano principalmente un danno in capo ai lavoratori stessi, ai quali, infatti, non vengono riconosciuti i basilari diritti previsti dalla legge.