Giornata infrasettimanale particolarmente densa di attività musicale per il festival New Conversations – Vicenza Jazz. Martedì 17 maggio avrà il suo culmine sonoro al Teatro Comunale di Vicenza (ore 21) con “Pithecanthropus Mingus”, produzione originale affidata allo storico sassofonista David Murray, che per l’occasione ha costruito un inedito quintetto basato sul suo trio con Brad Jones (contrabbasso) e Hamid Drake (batteria), con in più Aruan Ortiz al pianoforte e il secondo tenore sax di Shabaka Hutchings, figura di enorme rilevanza del rinnovamento jazzistico continentale. Murray ha appositamente realizzato per questo concerto nuovi arrangiamenti originali di celeberrime composizioni di Mingus: Pithecanthropus erectus (dall’omonimo album del 1956, il primo grande capolavoro della sua produzione discografica) e Sue’s Changes (brano che invece appartiene alle ultime notevoli registrazioni discografiche mingusiane).
Il quartetto “Belle Époque” del sassofonista Michele Tino (distintosi nell’Olimpico Jazz Contest del 2021), con Simone Graziano a pianoforte e tastiere, Gabriele Evangelista al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria, animerà la serata al Jazz Café Trivellato – Bar Borsa (ore 21:30, ingresso gratuito). Inoltre, in giornata si terrà il primo dei concerti pomeridiani (ore 18) a Palazzo Chiericati di “Proxima”, rassegna di giovani musicisti del territorio regionale: sul palco ci saranno i Selfie Jungle. Contemporaneamente, all’Istituto Musicale di Thiene (ore 18-21) si terrà un seminario affidato a uno dei contrabbassisti di riferimento del jazz nazionale: Ares Tavolazzi.
Il festival New Conversations – Vicenza Jazz 2022 è promosso dal Comune di Vicenza in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, in coproduzione con Trivellato Mercedes Benz, con Aquila Corde Armoniche di Vicenza come sponsor e Acqua Recoaro come sponsor tecnico.
David Murray è nato nel 1955 a Oakland, ma è cresciuto a Berkeley, sempre in California. Qui affronta i primi studi musicali con la madre organista ma anche con una serie di insegnanti che hanno avuto un certo peso nella storia del jazz: Bobby Bradford, Arthur Blythe, Stanley Crouch.
Nel 1975 si trasferisce a New York. La vita newyorkese lo porta presto in contatto con Cecil Taylor, che lo incoraggia a seguire la strada musicale che ha intrapreso. Anche Dewey Redman sostiene il sassofonista californiano, che in breve tempo collabora con musicisti del calibro di Sunny Murray, Anthony Braxton, Don Cherry, Lester Bowie… Il 1976 è un anno speciale per Murray, che fonda l’oggi leggendario World Saxophone Quartet assieme a Oliver Lake, Hamiet Bluiett e Julius Hemphill. Inizia nel frattempo un’attività discografica che proseguirà a ritmi frenetici. A partire dalla fine degli anni Settanta si concentra sui propri progetti da leader, ma non prima di aver collaborato anche con Jerry Garcia dei Grateful Dead, Max Roach, Randy Weston ed Elvin Jones. Avendo come riferimenti stilistici tanto Albert Ayler e Archie Shepp quanto Ben Webster, Murray è partito dal free per approdare a un jazz più ‘ecumenico’ che ingloba il mainstream più moderno, la world music, la fusion, tenendo saldi i legami con l’Africa. Questo crocevia di stili risulta quanto mai ideale per calarsi nell’universo musicale di Charles Mingus, in una produzione originale concepita appositamente per Vicenza Jazz. Per essa, Murray darà vita a un inedito quintetto costruito sulla base del suo ormai affermato trio con Brad Jones (contrabbasso) e Hamid Drake (batteria), ai quali si aggiungeranno Shabaka Hutchings (sax tenore, clarinetti) e Aruan Ortiz (pianoforte).
Di particolare rilievo è la presenza di Shabaka Hutchings, tanto da meritargli un featuring. Nato nel 1984 a Londra ma cresciuto alle Barbados, Shabaka ha studiando clarinetto classico mentre assorbiva l’influenza del calypso e il reggae. Rientrato in Gran Bretagna nel 1999, ha completato gli studi alla Guildhall School of Music per poi immergersi in una stratificata attività musicale jazzistica, spaziando dallo swing al free. Nel 2010 BBC Radio 3 lo nominò “New Generation Jazz Artist”. Da allora Shabaka ha fatto passi da gigante, dando ragione a quel riconoscimento: la sua fama è decollata con la creazione delle band Sons of Kemet, Ancestors e The Comet Is Coming. Con questi gruppi ha conquistato anche il pubblico giovanile dell’hip hop e del drum & bass.
Con il progetto “Belle Époque” Michele Tino esordisce su disco: l’album uscirà in giugno su etichetta Auand. Il sassofonista di origine campana ma a tutti gli effetti fiorentino (risiede a Firenze una ventina d’anni) giunge alla sua prima opera da leader dopo aver maturato preziose esperienze nelle formazioni di Camilla Battaglia, Michelangelo Scandroglio, Alessandro Lanzoni, negli Acquaphonica di Federica Colangelo, gli Auanders e i Purple Whales. I brani di “Belle Époque”, percorsi da un lirismo avvolgente, sono tutti a firma di Tino: un corpus di musiche originali che coniugano tradizione e contemporaneità. Tino ha formato il quartetto nel 2018, chiamando a raccolta musicisti ben noti a livello nazionale con i quali già vantava una frequentazione di lunga data.